Carol
Duval
c’est lui,
Adriano Eccel (Bolzano, 1956; vive a Trento): archivista la creatura immaginaria,
raccoglitore di frammenti il creatore reale. “Sceneggiatore” quest’ultimo di
una storia dell’umanità in 22 tavole, dipanata in accordo con i progressi
registrati nel campo della fotografia (da qui l’eteronimo inconfondibilmente
francese, omaggio alla madrepatria del mezzo). Un percorso criptico e
sofisticato, con un segno pittorico forte, evidenziato dal senso compositivo –
che, facendo di necessità virtù, equilibra spesso le opere in sequenze
tripartite, rispondenti più a un criterio espressivo/narrativo che puramente
formale – e cromatico di immagini ottenute non senza una certa laboriosità.
Primo
stadio la selezione di m
ateriali d’epoca, una vera e propria “caccia al tesoro”
necessaria per
costruire il soggetto. Nel secondo stadio si precisa la tecnica: la
manipolazione di una Polaroid – ormai essa stessa nostalgico reperto -,
lasciata “decantare” fino ad assumere quel tono rugginoso che dà agli scatti
un’aura d’
antan (e vagamente macabra, visto il frequente indugiare su riferimenti alla morte),
trasportando così
nel passato anche eventi più recenti, come l’attacco dell’11 settembre.
Si
parte
ab ovo,
con i progenitori Adamo ed Eva acefali come statue antiche, nudi fino all’osso.
E si procede a grandi balzi in un percorso
dentro l’avventura della fotografia,
intesa soprattutto come possibilità di catturare l’immagine in movimento,
estendendo perciò la ricerca al cinema degli albori. Di qui i lavori dedicati a
Jules Marey,
grande “giocoliere” con la mania di
cogliere l’attimo in tutto ciò che si muoveva, come
in un carosello circense, e con una sua precisa grammatica. Ancora sulla
scomposizione cinetica riflettono gli omaggi al “pioniere”
Eadweard Muybridge:
L’uomo di luce che, correndo sul tapis roulant,
aziona macchinosamente i trascina-pellicola, o la Callipigia Belle Époque.
Ma
parlare di progresso vuol dire evidenziarne le contraddizioni. Gli ambiziosi
terrestri sono infatti riusciti a calcare il suolo lunare, eppure nello stesso
paese che ha arrembato lo spazio – e non solo in quello – vige ancora la
barbarie della pena capitale, raccontata in una trilogia che ha il suo acme
poetico ne
Gli oggetti del signor Wilson, dolente catalogo delle piccole cose destinate a
sopravviverci dopo l’estremo passo.
Ultimo
capitolo l’attacco fondamentalista al WTC, spartiacque per antonomasia tra il
prima
e il
dopo del nostro tempo: la tragedia
delle Torri Gemelle è, ancora una volta, affidata agli indizi, come l’orologio
fermo sull’ora X, il cronista, il pilota, la fusoliera di un aereo. E le
vittime: sagome contrassegnate da una crocetta, numeri sul grande pallottoliere
della storia.