Per la prima volta sono riunite circa sessanta opere, alcune inedite, di artisti piemontesi del periodo barocco, provenienti da collezioni private o da musei.
– La storia della natura morta in Piemonte – spiega Alberto Cottino (curatore della mostra e del catalogo), con l’enfasi di chi è innamorato della ricerca che ha svolto e continuerà a svolgere – è ancora oggi terreno più di problemi che di certezze, in quanto mancano studi specifici sui singoli artisti -. Con questa mostra si è cercato di sviluppare ed approfondire nuovi filoni di ricerca, partendo da autori come Orsola Maddalena Caccia, Carlo Lanfranchi per il Seicento e presentando artisti del Settecento finora sconosciuti, come Gaetano Lavini, Pietro Michele De Petri e Cavalier Riperti.
“Una bella mostra”, come l’ha giustamente definita il prof. Cottino, che da un lato ha un interesse storico/documentario su questo genere in Piemonte, dall’altro quello di proporre quadri dagli indiscutibili valori estetici/formali. La visita alla mostra consente una diversa visione della natura morta in Piemonte, in genere poco valorizzata dai critici.
Orsola Maddalena Caccia, monaca pittrice figlia di Gulgliemo Caccia detto il Moncalvo, è considerata la prima specialista piemontese di questo genere pittorico; anche se il numero di opere da lei realizzate non è molto ampio, sono tutte di qualità eccellente. Iconograficamente non si allontana dai quadri di natura morta arcaica nordica. Come dice A.Cottino nel catalogo: – il rapporto […] con la natura morta arcaica nordica può spingersi fino al ricordo […] delle rare opere di Ludger Tom Ring il vecchio (1522-1584) come il Vaso di fiori […] che presenta un’analoga struttura compositiva, semplice e, per così dire, fortemente verticalizzata ed a quelle di Georg Hoefnagel -.
In mostra sono presenti alcune pergamente con uccelli attribuite all’ancora misterioso Carlo Conti ed un numero consistente di opere di Monfort, autore, forse, di quadri “fatti per essere venduti” in un probabile nascente mercato dell’arte. Sono quadri destinati all’arredamento di cucine o di altri locali di servizio delle case della piccola nobiltà i cui soggetti sono realizzati, come ci dice sempre il curatore, con “ripetitività seriale”.
Per il ‘600, sono infine presenti le opere di Carlo Lanfranchi legato al barocco romano e napoletano.
Si passa quindi al ‘700 con l’esposizione di artisti finora sconosciuti come G.Lavini, P.M.De Petri e Cavalier Riperti, presenti con tre trompe-l’oeil e Leonardo Marini conosciuto soprattutto come disegnatore di costumi e decorazioni per la corte sabauda.
Viene dedicata quasi una personale a Michele Antonio Rapous, il più importante esponente del genere in Piemonte ed uno dei migliori in Italia; specializzato in cascate di fiori e frutta di gusto “rocaille”.
La mostra presenta anche opere di Giovanna Garzoni e Giovanni Crivelli detto il Crivellino.
L’organizzazione di questa mostra è stata anche l’occasione di un concreto recupero del patrimonio storico-artistico; la Fondazione Accorsi ha infatti promosso il restauro di ben sette opere appartenenti ad enti pubblici. Si tratta di quattro pergamene di Monfort di proprietà del museo di Asti (in collaborazione con la Cassa di Risparmio di Asti) e di tre quadri del Crivellino recuperati nei depositi della Palazzina di Caccia di Stupinigi.
E’ sicuramente una bella mostra, l’unica nota stonata è l’allestimento poco progettato e curato, forse in questo caso si è preferito destinare i fondi solo alla ricerca ed al restauro ma Pietro Accorsi non sarebbe stato contento.
Paolo Tamborrini
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