Quando entri negli ambienti che accolgono la mostra di Pedro Cabrita Reis, sei catturato da quel sottile, costante, inesorabile silenzio che fa parte di tutta la sua opera.
Domina il bianco, reso accecante nella “Semina “, 2000 – (travetti in cemento armato prefabbricato che giocano con luci al neon e pittura acrilica) ma non solo.
Sperimentatore di diverse tecniche della forma artistica – dalle installazioni alle sculture, dalle pitture ai disegni; si concede il lusso d’adottare quanti più materiali, in natura, sono in grado di esprimerlo in un determinato momento della sua vita.
Gioca sulla contraddizione ambiguità-semplicità. Di fronte ad “Orange“, 2000 (alluminio, pittura acrilica su vetro laminato), creata per l’esposizione di Torino – così come la maggior parte delle opere esposte – si rimane, in un primo tempo, perplessi, poi ad un tratto, tutto diventa chiaro. “E’ semplice colore. La luce, infatti, è sempre stata termine linguistico, poetico ” dice Pedro.
Colore e calore. Il non palese, il non completo – “The sleep of reason “, 2000 (cinque fotografie oscurate per metà) – quello che rimane incomprensibile – “Macchina per verificare/Identità e Luogo”, 1994 (vetro sabbiato, legno, ferro, tubi rame, tubo di gomma, nastro adesivo, morse) – consentono di spaziare con la fantasia, di entrare nell’opera, non per diventarne parte, ma per usarla come mezzo di riflessione al fine di esaminare se stessi e ciò che ci circonda.
Immagino di salire le scale di “Stairs” o d’entrare in nuove dimensioni, varcando la soglia di “A House” e “Another House “; il tempo s’è fermato, lo spazio si moltiplica, il corpo si liquefa e divento puro pensiero che tende alla pace.
“Un silenzio irraggiungibile? – scrive Doris von Drathen. Nessuno può dire veramente che cosa sia il silenzio, ma tutti ne hanno fatto esperienza. (…) il silenzio non è un fenomeno come il mormorio del mare, il vento, la pioggia. Non è un concetto come lo spazio, il tempo. Il silenzio, così come per la fortuna o gli angeli, può solo coglierci di sorpresa. Noi (…) possiamo offrire uno strumento, mantenere il terreno libero, affinché il silenzio emerga “.
Quello spazio, abitato di luce e pronto per cogliere il rumore della quiete, l’artista lo offre in questa mostra e ci permette di usarlo come terapia per metterci in contatto con il corpo, così come usava Epidauro nell’antica Grecia.
“La vera dimensione dell’arte è quella di produrre memoria e l’artista è come qualcuno che viene da non si sa dove, portando con sé cose e parole strane, le abbandona e riparte…Si tratta di un esercizio primordiale: stimolare la memoria e attraverso di essa sviluppare la coscienza dell’esistenza “. Pedro Cabrita Reis
federica de maria
vista il 14 dicembre 2000
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