Quattro coppie, ognuna composta da fratello e sorella, sono i protagonisti della performance di
Jelena Vasiljev (Zrenjanin, 1976; vive a Milano), artista serba che ha all’attivo un curriculum interessante. L’ultima sua mostra,
Essendo così i lupi, aveva come tema la guerra fratricida che ha infiammato le terre dell’ex Jugoslavia.
Da Gas, varie telecamere circondano il gruppo sparso nel salone centrale. La donna è seduta e accoglie in grembo la testa del fratello, sdraiato e inerme; lo sguardo è fisso, l’uno negli occhi dell’altra. Il movimento è quello lento e ripetuto di bagnare la mano in una scodella colma di argilla liquida e accarezzare continuamente il viso del giovane.
Entrambi hanno imbrigliata alla testa una telecamera che registra ogni sussulto dello sguardo del consanguineo, che rimane fisso e impenetrabile e viene proiettato su otto grandi schermi davanti all’ingresso della galleria, sotto i portici di Corso Vittorio Emanuele II. Le coppie indossano abiti in garza e gesso creati dall’artista, che alla fine della performance rimarranno abbandonati sul pavimento, sagome vuote.
Il vincolo familiare è fondamentale. Non sarebbe lo stesso se fosse un’amante a riportare alla terra ciò che la terra ha fatto germogliare, perché il gesto di sfiorare la pelle non è solo un atto d’amore, è anche un segno di purificazione, di ricomposizione delle linee del volto, di ricongiungimento alla natura comune. Mani che si riconoscono e si sfiorano, per pulire ogni ferita.
Una moderna Antigone sta sfidando la legge dell’uomo e seppellisce il proprio fratello: un’interpretazione forte, questa della sepoltura. Eppure sembrano guerrieri morti, vestiti di bianco, questi ragazzi accasciati, a fissare il caro volto della sorella. E le fanciulle paiono comparse di una tragedia sofoclea cibernetica, con la pelle diafana e una telecamera in testa.
È una composizione estremamente bilanciata, armoniosa, quella ottenuta da Vasiljev, due corpi che si chiudono all’interno del proprio circuito visivo e che si fondono nell’espressione di un sentimento freddo e controllato, eppure forte e inevitabile.
La figura di Antigone riappare nella nostra mente, coraggiosa e ferma fino al sacrificio finale, a definire la forza del legame di sangue che dovrebbe creare una barriera difensiva nei confronti del mondo esterno, o forse un vincolo che la performance vuole ossessivo e quasi morboso. A sottolineare la difficoltà della comunicazione in un rapporto importante, l’assenza della parola ma la presenza forzata del contatto fisico che, registrato e inoltrato in tempo reale all’esterno della coppia, ne viola l’intimità e lo trasforma in comunicato sociale.
Jelena Vasiljev ha spesso denunciato la capacità dell’uomo di usare violenza contro i propri simili, di togliere la vita ai propri fratelli. Ora lancia un messaggio di speranza, una visione di conforto. Reclama la volontà di soccorrere e proteggere, muta e determinata, coloro che sono parte di noi.
Visualizza commenti
Cara Barbara,
ricorda che abbiamo un appuntamento
sull'Empire State Building.