Per
Gabriel Kuri (Città del Messico, 1970; vive a Città del Messico e Bruxelles) è importante “
tentare di capire e di commentare certe dimensioni sociali, senza cercare risposte, piuttosto sollevando interrogativi”. La realtà è, a suo avviso, costruita come un sistema aperto, che ammette l’azzardo e l’errore.
Una delle cose più interessanti nel fare arte è poter individuare la grammatica dell’oggetto quotidiano, poterlo interrogare, ponendo in primo piano gli effetti della dimensione temporale, le connessioni, le coincidenze, le differenze, la lentezza e la velocità.
La mostra è costruita come una riflessione sulle relazioni tra interno ed esterno, statica e gravitazione, forme definite e indefinite, uso comune e uso traslato dell’oggetto. Insomma, come un’analisi di dicotomie, volta a mostrare come il significato non sia mai univoco, ma debba essere individuato attraverso continue sollecitazioni.
Al primo piano della galleria è l’installazione
3,66 again, una parete girevole intorno a un asse, dello stesso colore della facciata del fabbricato: è una porzione di area che, in scala, rappresenta il volume dell’edificio rispetto all’area di una circonferenza. Al piano successivo,
Senza titolo inverte il senso della gravitazione: piastre di cemento sul pavimento e sul soffitto sono collegate, simili a una clessidra atipica, da sottili bacchette di acciaio sagomate, che sfidano qualsiasi legge di equilibrio stabile. Due di esse sono poste all’ingresso, in modo da costituire una sorta di sbarramento al passaggio.
Al quarto piano,
Concrete pie è costruito con due cilindri di cemento, tra i quali è disposto un ombrello a spicchi colorati, capovolto, così da evidenziare il contrasto tra
levitas e
pondus.
Al sesto piano sono disposte cinque serie di contenitori, variamente frammentati e ricomposti, nei quali trovano posto oggetti d’uso quotidiano,
pluriball da imballaggio, bottiglie vuote, sacchi della spazzatura, ricevute fiscali, all’apparenza insignificanti ma che ne connotano il senso. Chiude il percorso
Hard Fact Stab, una base in cemento sulla quale sono disposte bacchette di acciaio che sorreggono nastri di tre diversi colori – blu, rosso e giallo – sospesi dolcemente, in modo da suggerire un profilo di montagne, ma anche grafici di esami clinici o diagrammi.
Nella Show Room di Piazza Santa Giulia è infine proposto un ciclo di sculture dalle forme geometriche pure, stemperate da curve che richiamano l’arte messicana, realizzate con materiali “tradizionali” come marmo e pietra di Luserna. Segnaliamo, fra tutte,
Complementary Cornice and Intervals (2009): forme che sostengono boccette e contenitori di campioni-omaggio di prodotti estetici, così da palesare il contrasto fra l’armonia della struttura e l’oggetto quotidiano, residuo cultuale.