La personale dedicata a
Thomas Ruff (Zell am Harmersbach, 1958; vive a Düsseldorf) è apparentemente incentrata sull’ultima produzione dell’artista tedesco, con le serie
l.m.v.d.r. (1999-2001) e il work in progress
zycles (2007). Ottantacinque opere in totale, che scandiscono in realtà un percorso che va dalla fine degli anni ’80 a oggi. Un lungo viaggio fra i tanti “mondi” che Ruff fotografa e cataloga, ma che non si esauriscono in una classificazione rigida e definitiva.
I soggetti scelti sono infatti molto diversi fra loro e talora sono estrapolati dall’infinita varietà d’immagini disponibili in Rete. L’unica cosa che accomuna le immagini è la totale mancanza di una volontà rappresentativa e narrativa, tipica del mezzo fotografico.
Si direbbe che le immagini create da Ruff riguardino una dimensione pittorica più che fotografica; sono visioni più che fotografie, a volte confuse nei pixel ingranditi a dismisura, a volte sfocate e distanti dall’osservatore. Il tedesco è celebre, infatti, per la serie di
Porträts di grandi dimensioni in cui, a partire dagli anni ‘80, ritraeva persone comuni, private di qualsiasi connotato espressivo che lasciasse trasparire un particolare umore o emozione. Una galleria di ritratti che forse sarebbe stata interessante esporre proprio nella “manica lunga” del Castello, come in una quadreria rivisitata in chiave contemporanea.
La curatrice, Carolyn Christov-Bakargiev, ha invece scelto – con l’intento di contrapporre alla società delle immagini le opere più astratte e misteriose di Ruff – di mostrare solo alcune fra le prime opere realizzate dall’artista. Il percorso si apre così con i lavori tratti dai
zycles, stampe a getto d’inchiostro dove l’immagine, allo stesso tempo astratta e virtuale, è il risultato di un programma di modellazione tridimensionale.
Segue la serie
Nächte (1992-96), le cui immagini sono state realizzate con un apparecchio che consente di realizzare fotografie in notturna. Sono scatti ispirati ai filmati dei bombardamenti trasmessi durante la prima guerra del Golfo, che hanno colpito l’immaginario dell’artista fino a spingerlo a realizzare fotografie ambientate nella città dov’è cresciuto, e in cui è possibile vedere la tipica luce verdognola che contraddistingueva le drammatiche notizie provenienti da Bagdad.
Si prosegue con le immagini dei tappeti di stelle della serie
Sterne (1989-92), che rimandano a una visione quasi onirica e primordiale dell’universo. In
Retuschen (1995), l’alterazione d’immagini bidimensionali in bianco e nero di persone affette da varie malattie – tratte da illustrazioni di libri di medicina – riportano al tema, che coinvolge tutta la fotografia digitale, della possibilità d’intervento e modifica della “realtà”. Tale ciclo di lavori offre, inoltre, una chiave di lettura all’intera mostra, tesa a riflettere sull’abbandono del dato oggettivo, che la fotografia è potenzialmente capace di registrare, fino ad approdare all’estrema soggettività, possibile (e legittimata) dall’utilizzo del digitale e del fotoritocco.
La rassegna si conclude con la serie dei
nudes: immagini pornografiche scaricate dal web e riprodotte a una bassa definizione, che rimandano a quell’approccio pittorico che segna tutta la ricerca di Thomas Ruff.