Giuseppe Pellizza (Volpedo, 1868-1907), meglio noto come Pellizza da Volpedo, aggiunse presto il locativo alla firma, alla maniera degli amati artisti fiorentini del Quattrocento. Un gesto che sottolinea lo stretto legame col borgo in cui nacque e sempre visse, e che dipinse ripetutamente. Ogni biennio, Volpedo celebra l’artista con eventi che quest’anno sono ancora più ricchi, in occasione del centenario della morte.
È così possibile accedere allo studio dove si consumò la tragedia del suicidio del pittore a soli 39 anni, indotta dalla perdita del terzogenito e della moglie, sua modella prediletta. La stanza, sul retro dell’edificio, è di grandi dimensioni; le pareti sono color terra di Siena bruna, com’era consuetudine negli studi ottocenteschi. Vi si trovano un decoro architettonico, dipinto dallo stesso Pellizza, ampie finestre e un lucernaio zenitale. Quest’ultimo ovviamente fondamentale per il padre del Divisionismo. La mostra nell’atelier racconta il rapporto di Pellizza con gli amici divisionisti e ne permette un paragone diretto, tramite una sola opera per autore, scelta dalla curatrice sulla base del tema del colore e della luce. Scorrono così un pastoso ritratto di
Giovanni Segantini, un fiabesco
Ritorno dal Corpus Domini (1906 circa) di
Edoardo Berta, tele di
Gaetano Previati e del sardo
Antonio Ballero.
Il fulcro è però costituito dal celebre
Idillio Primaverile (1896-1901). Un capolavoro assoluto che costò a Pellizza anni di lavoro, perché attendeva il fiorire degli alberi, disdegnando l’impiego del supporto fotografico, a suo parere dotato di una luce non adeguata. L’esposizione della tela costituisce un evento eccezionale, poiché se n’erano perse le tracce dopo la vendita a un mercante olandese e solo nel 1980 il quadro è stato rinvenuto. L’attuale proprietario ha munificamente deciso di cedere la tela al comune di Volpedo, dopo averne negato il prestito a prestigiose istituzioni museali. Pellizza fu a tal punto addolorato per la separazione dall’
Idillio che decise di dipingere un’opera assai simile, basandosi sulla velina. Si tratta de
Il Girotondo (1906-1908), anch’esso esposto nello studio, cosicché è possibile un eccezionale raffronto. L’ultima tela è incompiuta e fu terminata da un allievo,
Angelo Barabino, che si limitò a colorare delicatamente le zone bianche.
L’albero (1901), bozzetto dell’
Idillio, permette di stabilire che Pellizza ambientò la scena nei giardini della Pieve di Volpedo, di cui è dipinto il campanile. La chiesa è tuttora visitabile, così com’è possibile recarsi alla piazza Quarto Stato, celeberrima per l’omonimo capolavoro.
A Tortona è invece presentato un riallestimento della collezione permanente della Cassa di Risparmio, arricchita da altri quadri di Pellizza. Denso di avvenimenti è infine il programma di spettacoli e conferenze che si snoda tra Volpedo e Tortona, per ricordare un maestro dell’arte che mise l’uomo e la natura al centro della propria ricerca.