La mostra Il bianco e altro e comunque Arte, curata da Achille Bonito Oliva, si pone il difficile obiettivo di unificare in un solo evento il patrimonio di artisti eclettici e diversissimi tra loro con un tema che richiama direttamente al grande evento olimpico che Torino si prepara ad affrontare
Il bianco è il colore del “tutto”, la compresenza simultanea di tutti i colori che fondendosi si annullano fino a originarne uno solo. Ma mai come in questo caso la nozione di “bianco” deve essere intesa nell’accezione più ampia possibile. Molte delle opere esposte hanno solo un vago legame con il colore tema della mostra, e prendono invece direzioni diverse, quasi opposte. Quale rapporto con il bianco ha, infatti, l’opera di Renato De Maria, tre pareti riempite con variazioni dei colori dell’iride, tanto vivaci quanto pittoresche? E le suggestive finestre a scacchi con le quali Daniel Buren ha impreziosito l’esterno di Palazzo Cavour? E ancora, che c’entra con il bianco il corridoio acustico-uditivo formato da scotch isolante (This is the end) che Liliana Moro invita ad attraversare?
Vale forse la pena di abbandonare il pretestuoso percorso tematico proposto e addentrarsi nell’esplorazione delle mini-personali che de facto compongono la mostra. Lasciandosi abbagliare, ad esempio, dall’angosciante Tredici di Innocente: tredici statue bianche di bambini ammanettati immobili in un ambiente lattescente, privo di spigoli, emblema del disagio che condanna milioni di bambini in tutto il mondo alla costrizione morale e fisica. Notevole anche l’impatto di The following days di Paolo Chiasera: un video nel quale tre ragazzi osservano le fiamme lambire un’enorme testa in gesso di Pier Paolo Pasolini nella campagna bolognese.
Ma il fascino della mostra è dato anche dalla presenza di Joseph Kosuth e delle sue scritte al neon, delle fotografie della neve di Nikola Uzunovski che nella reiterazione trovano la loro più completa forma di espressività, in una delle numerosissime Testine che da oltre vent’anni Marisa Merz utilizza per dare corpo alla propria ansia di interrogazione nei confronti della realtà.
Lucio Fontana costruisce, con Ambiente spaziale, un labirinto bianco con il quale lo spettatore è invitato a interagire, perdendosi al suo interno e andando a scoprire il nucleo nascosto dell’opera, una fessura che ne spezza l’uniformità cromatico-spaziale. E la torinese Luisa Rabbia immerge in una stanza completamente bianca la figura di una mendicante raccolta su se stessa, isolato simulacro della condanna a una vita di stenti, lancinante riflessione sulla odierna solitudine esistenziale.
E ancora Anish Kapoor, Ettore Spalletti, Remo Salvadori, Mimmo Paladino, Maurizio Nannucci, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio. Nomi che da soli palesano l’importanza dell’esposizione torinese, ma che al contempo ne sottlineano l’accentuata eterogeneità.
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Chiasera , Chiasera...mi sa che ha visto un catalogo con un lavoro di David Fagioli...le sue teste in gesso che bruciano sono del 2003, e sono in un grosso catalogo del Ministero degli Esteri, e poi per il lavoro di Fagioli si è parlato spesso di Pasolini, Chiasera , Chiasera...questo lavoro non è molto originale...è un caso????
volete vedere il bianco io ho visto questa mostra a milano tempo fa che mi e' sembrata concettualmente molto significativa.achille achille
http://www.exibart.it/notizia.asp/IDNotizia/13842/IDCategoria/57
caro zietto hai colto nel segno!
ero presente alla performance di David che dà fuoco a delle teste di gesso da lui stesso realizzate... era il 2003 in quel di Benevento...mah!