Lo spunto è nato dall’uscita del catalogo monografico: l’attività artistica di Alex Pinna (Imperia, 1967; vive a Torino) degli ultimi dieci anni. Rileggendo tutti i suoi lavori, si è preso così l’occasione di individuare anche quelli più rappresentativi, quelli che hanno sviluppato un certo percorso creativo e narrativo, e che sono perciò testimoni delle sue intime riflessioni. Sono nate in questo modo le precedenti mostre di Terni (Hombre, 2004 – Galleria Ronchini) e di Genova (2Con, 2005 – Galleria Guidi&Schoen). Ed ora Equilibri, di Torino, conclusiva della trilogia.
Pur ri-conoscendole, le opere di Pinna suscitano sempre quel senso di stupore, che nasce dal loro essere sculture a metà tra il possibile e l’impossibile, tra il verosimile e l’inverosimile. E allora eccoli: il “funambolo” (Alias, 2000) che in in-stabile equilibrio, cammina sulla sua esile corda, che taglia per intero tutta la galleria, sospesa nel nulla; il “trapezista” (Alias 2004) che si lascia penzolare nel vuoto; o “l’equilibrista” (Equilibrio 2004), che riesce a stare in verticale sulla testa su una perfetta sfera. E di nuovo l’uso di diversi materiali: la corda, l’acciaio, il bronzo, il marmo, il plexiglass, la ceramica. Con in più, in alcuni casi, l’intento di impreziosire: una foglia d’argento applicata sulla resina.
Anche questa è stata per l’artista una nuova scoperta, perché il risultato ottenuto è assolutamente ambiguo, perché una volta finita, non è più resina, non sembra più neanche una scultura. Finita è qualcos’altro.
Pinna ha abilmente “giocato” con tutto lo spazio della galleria, anche quello meno visibile, più nascosto. Come ad indicare che alcune cose preziose sono spesso velate. Una traslata critica all’attuale sistema, dove la comunicazione è molto esplicita, dichiarata, quando invece a volte si vorrebbe subire il fascino di un pizzico di mistero. Sembra, in definitiva, esserci un po’ la conclusione della sua riflessione: l’uomo può tutto. Può essere solo, in coppia, sul limite o sicuramente sdraiato.
Mentre la mostra di Terni è stata sentita dall’artista come quella più innovativa, più unitaria, con ancora molto forte il concetto del contenuto e del racconto, questa di Torino gli ha dato la consapevolezza che c’è ancora molto da sviluppare, soprattutto in termini di eleganza, di equilibrio, di una certa sottigliezza delle linee e delle forme. E come spesso accade, questa riflessione è stata una sorta di illuminazione, avuta a fine allestimento della mostra. Inaspettata e improvvisa, come tutte le idee. Infatti, seppur a Torino ancora è forte il racconto, “ho avvertito che c’è ancora molto da sviluppare in termini di forma, di cosa vuol dire la scultura di per sé, di sconcettualizzarla” spiega Pinna. E allora aspettiamo i nuovi risultati.
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