Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
14
novembre 2008
fino al 22.XI.2008 Sylvie Romieu Torino, Weber & Weber
torino
Fotografie “inscatolate”, eleganti e perturbanti. Per la monografica della francese Sylvie Romieu. Un modo per riflettere sulla propria autobiografia attraverso immagini di luoghi, oggetti e scritture famigliari...
Nel bel catalogo che Alberto Weber ha voluto pubblicare per presentare e sostenere la personale di Sylvie Romieu (Sigean, 1960; vive a Portel des Corbières) compaiono tre sezioni di apparati figurativi: gli Autoritratti, Le Tableau de Jo e i Moduli fotografici. Attraverso questi tre momenti, la figura dell’artista francese è pienamente delineata.
Giunta in età matura alla professione d’artista, Romieu è ciò che in Francia si definirebbe una plasticienne. Fotografa, pittrice, manipolatrice di “scatole” che evocano il Duchamp della Valise verte, produce oggetti tridimensionali da appendere alle pareti che non sono sculture ma nemmeno tele. Appassionata di Marguerite Duras e di altri classici d’oltralpe (Racine soprattutto), dissemina i suoi lavori di parole che solo di tanto in tanto si palesano come portatrici di senso, e che più spesso sono tracce grafiche al pari delle immagini.
Da Weber, il viaggio che dalla letteralità dell’Autoritratto spinge l’artista al più neutro Modulo fotografico, passando per l’espediente di un quadro di un amico ripetutamente fotografato nella propria dimora-atelier (Le Tableau de Jo), è limpido. Sylvie Romieu trasforma poco a poco l’intimità di un universo non condivisibile (la propria solitudine) nella possibilità estetica dell’opera d’arte. Afferma, in ogni tappa del suo percorso, che l’artista non può sfuggire al questionamento del proprio sé e che la creatività passa sempre attraverso la sua esternazione.
Il suo attuale approdo, i Moduli fotografici, sono il compendio di questo passaggio esistenziale in cui appare costante la presenza del sé attraverso frammenti di viso, mani, scrittura e oggetti famigliari. Rispetto agli Autoritratti o al ciclo di Jo, c’è una maggiore coscienza di ciò che la ripetizione – dei moduli tematici, appunto – può provocare a livello formale. Le scatole, che comparivano già in precedenza (e che fabbrica con le proprie mani, tutte laccate di nero e “chiuse” da una fotografia), sono ulteriormente inscatolate in un contenitore dalle stesse caratteristiche. All’interno, le fotografie lavorate, spesso seppiate, portano i segni di una sovrapposizione grafica, una calligrafia che rinvia a parole sentite, lette e rilette, care allo stesso modo dei volti ritratti.
Quest’amore per la reiterazione è presente anche nel metodo: le immagini sono fotografie di fotografie. Ne risulta una musicalità che non si può definire minimalista (troppo retrò, troppo artigianale e bric-à-brac la composizione dei frammenti e della gamma cromatica), ma piuttosto ossessiva, chiusa. Il rischio è proprio quello di costringersi in scatole artificiali, espediente diaristico che si riproduce manieristicamente.
Perciò è forse più soddisfacente sostare davanti alla serie dei quadretti di Jo: caldi momenti d’intimità senza pretesa d’artificio, in cui il corpo dell’artista appare un oggetto tra gli oggetti, passaggio effimero ma incisivo sui bei toni di rosso pompeiano del muro d’atelier.
Giunta in età matura alla professione d’artista, Romieu è ciò che in Francia si definirebbe una plasticienne. Fotografa, pittrice, manipolatrice di “scatole” che evocano il Duchamp della Valise verte, produce oggetti tridimensionali da appendere alle pareti che non sono sculture ma nemmeno tele. Appassionata di Marguerite Duras e di altri classici d’oltralpe (Racine soprattutto), dissemina i suoi lavori di parole che solo di tanto in tanto si palesano come portatrici di senso, e che più spesso sono tracce grafiche al pari delle immagini.
Da Weber, il viaggio che dalla letteralità dell’Autoritratto spinge l’artista al più neutro Modulo fotografico, passando per l’espediente di un quadro di un amico ripetutamente fotografato nella propria dimora-atelier (Le Tableau de Jo), è limpido. Sylvie Romieu trasforma poco a poco l’intimità di un universo non condivisibile (la propria solitudine) nella possibilità estetica dell’opera d’arte. Afferma, in ogni tappa del suo percorso, che l’artista non può sfuggire al questionamento del proprio sé e che la creatività passa sempre attraverso la sua esternazione.
Il suo attuale approdo, i Moduli fotografici, sono il compendio di questo passaggio esistenziale in cui appare costante la presenza del sé attraverso frammenti di viso, mani, scrittura e oggetti famigliari. Rispetto agli Autoritratti o al ciclo di Jo, c’è una maggiore coscienza di ciò che la ripetizione – dei moduli tematici, appunto – può provocare a livello formale. Le scatole, che comparivano già in precedenza (e che fabbrica con le proprie mani, tutte laccate di nero e “chiuse” da una fotografia), sono ulteriormente inscatolate in un contenitore dalle stesse caratteristiche. All’interno, le fotografie lavorate, spesso seppiate, portano i segni di una sovrapposizione grafica, una calligrafia che rinvia a parole sentite, lette e rilette, care allo stesso modo dei volti ritratti.
Quest’amore per la reiterazione è presente anche nel metodo: le immagini sono fotografie di fotografie. Ne risulta una musicalità che non si può definire minimalista (troppo retrò, troppo artigianale e bric-à-brac la composizione dei frammenti e della gamma cromatica), ma piuttosto ossessiva, chiusa. Il rischio è proprio quello di costringersi in scatole artificiali, espediente diaristico che si riproduce manieristicamente.
Perciò è forse più soddisfacente sostare davanti alla serie dei quadretti di Jo: caldi momenti d’intimità senza pretesa d’artificio, in cui il corpo dell’artista appare un oggetto tra gli oggetti, passaggio effimero ma incisivo sui bei toni di rosso pompeiano del muro d’atelier.
articoli correlati
Romieu a Rivalta
emanuela genesio
mostra visitata il 25 settembre 2008
dal 25 settembre al 22 novembre 2008
Sylvie Romieu – Tableau de Jo. Module Photographiques
Weber & Weber Arte Moderna e Contemporanea
Via San Tommaso, 7 (zona via Garibaldi) – 10122 Torino
Orario: da martedì a sabato ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 01119500694; alberto.weber@libero.it
[exibart]