Alla vigilia dell’inaugurazione di Artissima 2002, la sola fiera italiana dedicata unicamente all’arte contemporanea, e in un novembre denso di appuntamenti artistici di rilievo, Torino appare oggi centro d’interesse culturale particolarmente vivo e attento a ciò che accade a livello internazionale, focolaio delle nuove idee e ricerche artistiche giovani, dove nascono nuovi musei e hanno luogo iniziative di carattere pubblico e privato. C’è da chiedersi provocatoriamente se, giocoforza, la Torino tradizionalmente legata alla Fiat e artisticamente all’Arte Povera e al suo destino stia prendendo oggi una nuova strada. Forse sintomo di un mutamento, si è
La mostra costituisce infatti un evento per la città di Torino e in particolare per Castello di Rivoli: perché il museo è tradizionalmente associato all’Arte Povera e oggi arricchisce la sua collezione di lavori radicalmente diversi alla linea seguita in passato; perché testimonia la possibilità, riuscita, di una collaborazione concreta tra istituzioni pubbliche (il museo) e private (la fondazione CRT); e forse anche perché indica una tendenza, un rinnovato interesse per alcuni movimenti artistici del passato recente. Il Castello di Rivoli, insomma, con questa mostra decide di offrire un panorama a tutto tondo, compie una scelta e fornisce un’indicazione particolare, o anche solo uno stimolo alla discussione.
La mostra si snoda nella manica lunga e in alcune sale del Castello e si concentra sui lavori realizzati dai transavanguardisti dal 1979 al 1985, nel momento di maggiore produzione e arricchimento del movimento e della sua affermazione a livello internazionale.
Transavanguardia è, com’è noto, un termine coniato nel 1980 da Achille Bonito Oliva, critico e teorico del movimento che nacque alla fine degli anni settanta come reazione all’allora imperante Arte Povera. La Transavanguardia opponeva alla sperimentazione estrema dei poveristi il ritorno alla tradizione, sia dal punto di vista delle tecniche e dei linguaggi espressivi, sia dal punto di vista dei contenuti. Tutto ciò accadeva in una prospettiva tipicamente post-modernista, ispirata dal punto di vista teorico alla psicoanalisi di stampo lacaniano, alle coeve correnti strutturaliste e post-strutturaliste e al pensiero di filosofi come Jean François Lyotard . Gli artisti della Transavanguardia nel complesso, rifiutano insomma i grand récits storico-ideologici del passato per guardare alla contemporaneità e al presente filtrandoli attraverso la lente della tradizione, con un occhio disincantato, ma emotivamente intenso. E se, paradossalmente, dal punto di vista filosofico il postmoderno ha a che fare in primis con l’abbandono della nozione tradizionale di soggetto, la sua traduzione in arte nella Transavanguardia contempla proprio il ritorno alla soggettività dell’individuo, intesa anche come una ripresa consapevole del suo mondo emotivo e della sua interiorità, della sua finitezza e particolarità. Così per artisti come Clemente, Chia e Paladino “l’opera – scriveva Achille Bonito Oliva nel 1980 – diventa un cuircuito mobile di riferimenti interni ed esterni”, che intenzionalmente “contiene dentro di sé già i sintomi del suo scavalcamento ”.
Ma al di là delle considerazioni di carattere storico-artistico, nel complesso la mostra lascia l’impressione di costituire ben più di una mera operazione di carattere documentativo, tesa a nutrire la già ricca collezione del
La mostra nasce infatti dalla collaborazione del Museo con la Fondazione CRT per l’Arte Contemporanea, che ha concesso l’acquisizione di molte delle opere esposte.
“L’esperienza ci ha insegnato – dichiara infatti Ida Granelli nel testo introduttivo del catalogo – che solo la sinergia tra istituzioni pubbliche e contributi privati può venire incontro alle attuali necessità culturali e collocare i musei italiani allo stesso livello di qualità dei loro corrispondenti internazionali nel comune compito di documentare l’arte del presente colta nei suoi aspetti più alti ”.
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Arte Povera in collezione, Castello di Rivoli, Rivoli (To)
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