La pittura palesa da sempre la necessità di una
riadeguazione costante, anche epistemologica, e presenta molteplici facce,
dalla citazione erudita all’influenza mediatica, dal recupero della fantasia
alla rappresentazione del reale in modo crudo e aggressivo. È forte il bisogno
di trovare una qualità pittorica tale da sottrarsi all’epigonismo, lasciandosi
alle spalle l’annosa e sterile contrapposizione di astratto e figurativo.
Little Worlds è una mostra interamente pittorica. Il comun denominatore
della ricerca dei quattro artisti proposti si può identificare nella loro
attitudine a mettere a nudo la decadenza del contemporaneo, le contraddizioni
della società attuale, le dissonanze implicate dal “villaggio globale” e dal
“politicamente corretto”, la perdita di autonomia dell’individuo, alla deriva
in una realtà segnata dalla cortocircuitazione del pensiero.
I “piccoli mondi” del titolo sono i microcosmi attraverso
i quali il soggetto filtra l’esistente, ponendo in evidenza dettagli
peculiari. Pur con metodiche e riferimenti culturali differenti, risultano
affini l’incisività e l’efficacia con le quali gli artisti indagano
l’esistente.
Nella pittura di
Hernan Bas si avverte l’influenza di Pater,
di un esotismo che induce l’uomo a fuggire da un’esistenza opprimente per
cercare una spinta originaria. Il suo mondo, denso di figurazioni, mescola
passato e presente, utopia e realtà in un viluppo inestricabile, come si palesa
in
Untitled (2007).
La memoria del “sogno americano”, andato in frantumi, s’individua nei
dipinti di
Michael Cline, nei quali spesso si addensano atmosfere che richiamano
Grosz; la tendenza a mettere a fuoco i
particolari, con un ampio repertorio di riferimenti simbolici, sottolinea
l’apparenza di una falsa perfezione. In
Ephyphany, ad esempio, si evidenzia la
volontà di rinnovamento in una “terra desolata”.
L’uso del colore come elemento dinamico, che pone in primo
piano il divenire e il caos degli istinti vitali, caratterizza la pittura di
Jules
de Balincourt. Una piscina affollata (
Untitled, 2009), uno scorcio di paesaggio
marino (
Untitled,
2009), palme esotiche (
Untitled, 2010) richiamano l’idea del distacco dalla quotidianità,
alla ricerca di un immaginario fantastico, pervaso di mistero.
La chiave di lettura dei dipinti di
Scott Reeder è, invece, l’ironia, che gli
consente di osservare con distacco il fluire vitale carico di imprevisti e ambiguità.
Un orologio avvolto intorno a un fallo (
Untitled, 2009), una tela di forma
triangolare che si “impicca” (
Suicidal Shape, 2009), un fiore che fuma (
Smoking
Flower, 2009)
sono momenti prelevati da una realtà il cui sostrato è grottesco.