Quante volte i più noti attori di Hollywood si sono trovati a rivestire i panni di un padre o di una madre nella finzione di un film. E a dover interpretare le diverse sfumature di un ruolo che, dai toni della commedia come possono essere quelli de Il padre della sposa, scivola nel dramma più sofferto di un Kramer contro Kramer. Interpretazioni che ora acquistano nuova vita e significato nella doppia videoinstallazione Mother+Father della giovane sudafricana Candice Breitz (Johannesburg, 1972). Da sempre attenta ai linguaggi della cultura di massa, propone nell’ambito della rassegna “Nuove Generazioni” a cura di Marcella Beccaria, questo lavoro realizzato appositamente per il Castello di Rivoli.
Madri con i volti di Faye Dunaway, Susan Sarandon, Meryl Streep, Diane Keaton, Julia Roberts, Shirley MacLaine. E Padri che hanno i lineamenti di Tony Danza, Dustin Hoffman, Harvey Keitel, Steve Martin, Donald Sutherland e Jon Voight occhieggiano dagli schermi al plasma, confinati in due stanze distinte del castello. Sembrano dare luogo ad una sorta di terapia di gruppo per uomini e donne reduci da una separazione, dove l’oggetto del contendere è quasi sempre rappresentato dal figlio/figlia. La sensazione è quella di assistere ad un autentico sfogo. Ad un tumulto di sentimenti in eruzione che necessitano di essere esternati. E tutto questo dal vivo, come se gli attori fossero proprio lì in carne e ossa. Da una parte il gruppo delle Madri, dove più chiaramente emerge la disponibilità al confronto collettivo, al dialogo, alla messa a nudo d’esperienze affettive perlopiù comuni. Dall’altra quello dei Padri, per i quali prevale, invece, la dimensione privata e appartata, ideale per un colloquio a tu per tu con un ipotetico interlocutore. Ma in realtà, quello che avviene è frutto della manipolazione operata dalla Breitz. Che dai filmati originali estrapola solo le scene utili alla costruzione del suo personalissimo discorso narrativo. Fatto di tagli e successivi montaggi in modo da concentrare tutta l’attenzione sui gesti e sulle parole dei personaggi. Un’operazione di
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mostra visitata il 6 marzo 2005
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uno squallore.
povero castello, è veramente alla frutta, non c'è uno straccio di idea. d'altronde, con chi ci lavora...
Qui non è il video il problema. Stronzatine del genere le puoi realizzare con il mezzo che più ti piace, ma alla fine puzzano sempre di merda.
Mah, sarò malato o arretrato ma 'ste cose
le trovo banali e noiose.
Questa videoarte è ormai un pò tutta uguale:
c'è questo continuo riferirsi a situazioni intime ma essenzializzate, slegate da ogni contesto perché indagate superficialmente e
l'impressione è di trovarsi di fronte a trovatine superficiali da
manierismo esistenziale,
l'esistenzialismo come filosofia da bar
alla portata di tutti