Basement, struttura di base, essenziale, chiara, pulita.
Si presenta assolutamente minimalista e introversa l’esposizione di Alexandra Ranner, esperta nel ricostruire fotografie in oggetti tridimensionali e quest’anno partecipante alla Biennale di Venezia (Corderie) e alla Triennale di Yokohama.
“Gli ingredienti tecnici propri dell’immagine fotografica, quali sono la luce e la prospettiva vengono tradotti in una superficie tangibile. Il risultato è la percezione dell’opera tanto come superficie quanto come spazio tridimensionale”.
Nelle tre sale della galleria, l’artista, nata a Osterhofen in Germania nel 1967 ma che in questo periodo vive e crea a Monaco, ci propone frammenti di ambienti solitari riscaldati da colori della natura, dal caldo marrone al gelido bianco.
All’ingresso una scultura-divano accoglie il silenzio del visitatore che sarà accompagnato per tutto il percorso espositivo dalla serenità di queste immagini tridimensionali; figure che in un certo senso riesaminano i parametri della fotografia, introdotta nelle sculture. Vi sono, ad esempio, tre locali in miniatura contenuti in tre scatole che riproducono in parte lo spazio visitato e soddisfano lo spirito voyeur giacché, visibili solo avvicinando lo sguardo ad una fessura.
Un ambiente a parte , invece, dedicato ad “una sorta di taglio”, una porta che si apre e segna il confine tra l’interno e l’esterno, tra il pensiero e la realtà tangibile. Un passaggio segreto che si apre verso un’altra dimensione o semplicemente verso un’altra scelta, un’altra vita.
L’artista ci mostra una nuova via da percorrere, una strada illuminata da un albore tenue e rarefatto e per questo apparentemente rassicurante. Resta al singolo decidere se affrontare l’interrogativo che si pone di là da quella luce, percorrendo una scala che forse conduce lontano dal rumore del silenzio oppure semplicemente guardare restando nel luogo degli oggetti tangibili.
Federica De Maria
Mostra visitata il 26 novembre 2001
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