Un punto di ristoro nel Grand Canyon con un camper
parcheggiato a pochi centimetri dal vuoto; una casa da famiglia Addams che,
sotto un cielo da spleen, si affaccia su un mare di dune; un campo da calcio
che disegna un rettangolo verde in un paesaggio innevato. Sono alcune delle
fotografie di
Thomas Wrede (Letmathe, 1963; vive a Münster)
in mostra nella sua prima
personale italiana.
A un primo sguardo sembrano immagini di paesaggi reali,
segnati dalla presenza umana, ma avvicinandosi si capisce, con grande
meraviglia, che tutto è un’illusione. Sono modellini in scala inseriti in
paesaggi che sono sì reali (
Real Landscapes è il titolo della rassegna) ma
non autentici: il Grand Canyon non è altro che una concrezione terrosa che,
come dimostrano le immagini dei set fotografici reperibili su internet, arriva
al livello delle spalle dell’artista, la neve non è altro che sabbia bianca di
una spiaggia del nord della Germania, il mare è una pozzanghera.
“
Voglio trovare il punto esatto in cui l’osservatore
sia colto dal dubbio che si tratti di un set, piuttosto che di un paesaggio
reale e, solo in un secondo tempo, si accorga di alcune discrepanze e
incongruenze nelle proporzioni”, spiega Wrede. “
Sono piccoli mondi che possono
esistere solo nell’illusione fotografica e che si fondono con le immagini
presenti nella memoria dello spettatore”.
L’artista tedesco gioca sulla natura ambivalente del mezzo
fotografico. Una natura che tautologicamente si basa sulla definizione che i fotografi
danno di sé. Fotoreporter, documentaristi, ritrattisti raffigurano la realtà,
il fotografo-artista, invece, piega il mezzo alla sua volontà e non ha vincoli
di veridicità. Wrede, con le sue stupefacenti immagini, fa capire allo
spettatore che spesso, però, questa distinzione non è netta.
Prendiamo una delle foto simbolo del Novecento: il
miliziano di
Robert Capa. È dal 1936 che ci si interroga se sia vera o falsa. Nel primo caso
è, forse, la migliore immagine di guerra della storia, nel secondo un
fake artistico molto ben riuscito.
Ancora un esempio. All’opposto, l’opera di
Spancer Platt vincitrice del World Press Photo
2006 sembra una fotomontaggio (una lussuosa cabriolet procede tra le rovine
dopo un bombardamento israeliano su Beirut) e invece è reale.
Oltre a giocare con i modellini e ad ammiccare alla
rappresentazione della natura del romantico
Friedrich e dei filosofi Kant e Hegel,
Wrede insinua nello spettatore il dubbio che le immagini (e i fotografi) spesso
si prendano gioco della realtà. L’artista tedesco non propone solo uno sguardo
apocalittico sulla veridicità delle rappresentazioni nell’era della
comunicazione globale; quella che propone è una visione divertente e divertita
sulle possibilità dell’immaginazione.
Come la partita di tennis del finale di
Blow Up nel film di
Antonioni: una riflessione sulla
fotografia, giocata senza racchette né palline.