Pablo Picasso: lo spartiacque del Novecento, l’eterno innovatore, lo sperimentatore senza sosta, che solo nell’arte riesce a placare la sua inesauribile sete di vita. La Villa Ponti di Arona si confronta col genio picassiano dopo aver presentato i lavori di
Andy Wahrol, altro autore fondamentale del secolo scorso, che lo segue di una cinquantina d’anni, portando con sé una grande ondata rivoluzionaria.
A Picasso è dedicata la prima sala, con opere raramente esposte. Piatti in ceramica di fine fattura e sofisticata cromìa (
Motif n. 7, 1963;
Motif n. 65, 1963), terrecotte raffiguranti teste di donna (
Femme au chapeau fleuri, 1964;
Femme, 1965) e un eccezionale autoritratto di fumatore con sigaretta (1967), delineato con decisi tratti che disegnano i lineamenti inconfondibili del maestro. Picasso non ricerca, ma trova e mostra le sue scoperte.
Tra questi lavori, vicini all’ultima fase dell’attività dell’artista, spicca un soggetto che gli è caro, cioè i volti di donna, che sono ancora pienamente cubisti e originalmente stilizzati, secondo la sua consueta e inequivocabile maniera. Dal 1968 circa ha inizio il periodo neoimpressionista, in cui le tecniche e gli stili si mescolano in continuazione.
La lezione estetica picassiana è esplicitata in mostra, non solo nelle opere degli autori successivi, ma anche dalle stesse parole di Picasso, dalle sue riflessioni filosofiche e dai suoi spiritosi aforismi, che accompagnano il percorso espositivo. Dopo Picasso è un mare di artisti italiani e stranieri, a cavallo tra cubismo e astrazione, che inondano lo spettatore con colori brillanti e forze travolgenti, oppure con forme e sensazioni ermetiche. Navigando velocemente negli anni, passiamo dal surrealismo al futurismo, dallo spazialismo all’informale e all’optical art. Ognuno di questi movimenti raccoglie l’eredità del padre del cubismo per la scomposizione delle forme e dei volumi, la costruzione degli equilibri, la vivacità e l’energia dei colori e l’acceso sperimentalismo che li spinge verso il nuovo.
Fernard Léger,
Umberto Boccioni,
Giulio Turcato,
Victor Vasarely e molti altri pagano il loro tributo all’inesauribile creatività picassiana con altrettanti capolavori: rispettivamente,
Les dominos (1947),
Linee e forze di una bottiglia (1938),
Composizione (1964),
Multicolor (1964).
Accattivante il catalogo, che trasmette con pregiate riproduzioni la magia della mostra. Peccato per i contributi critici, tutt’altro che numerosi. Il commento di Manuela Boscolo è assai illustrativo nelle didascalie dell’esposizione, ma risulta meno convincente nel volume, perché la critica si confronta con un mostro sacro come Picasso in modo semplicistico, senza prendere molto in considerazione il fil rouge dell’evento.
Resta però un grande pregio, ovvero la capacità di farci “sentire” il genio con brevi e frizzanti pennellate linguistiche.