Dove c’è
vacancy ci sono possibilità, ma dove
vacancy è preceduto da una negazione si mette in discussione la disponibilità stessa del posto vacante. Da loft-galleria fra le più invidiate architettonicamente, Maze si trasforma in abitazione. E tra carte da parati vintage, mobili, divani e un piccolo frigo, la casa diventa lo stage della mostra curata da Luca Lo Pinto, direttore del magazine “Nero”, che qui entra
live nell’esposizione con la sua redazione e, in dialogo con il preesistente, vi sovrappone la mostra di Nicola Pecoraro.
All’ingresso, un lavoro in progress sotto la regia di
Olaf Nicolai. L’assistente di galleria, infatti, compone giorno dopo giorno il suo
News cut (1989-2008), un patchwork di immagini in cui i ritagli delle maggiori testate nazionali si addensano a formare un ritratto sociologico del presente. Questa la premessa, ma entrando in casa si coglie l’aspetto privato di una collezione, lo spazio in cui il proprietario si spoglia, dove cioè con vanto mostra i tesori e, senza vergogna, le cadute di stile. Dopotutto, tra le mura domestiche tutto è concesso.
Comodamente seduti sulle poltrone del salotto scorrono di fronte al visitatore le prime immagini di un album di famiglia. Sono i ballerini newyorchesi di
Alex Bag e i concorrenti di una competizione dance di freestyle disco di
Michael Smith. Il sapore è quello dei ricordi fotografici in cornice che, nelle migliori abitazioni, rammentano all’ospite che i figli, ormai cresciuti, sono stati in passato aspiranti campioni.
Nel cuore della galleria, qui fulcro della vita domestica, diversi divani di fronte a monitor 14” creano inevitabilmente l’effetto zapping, ossia l’ossessione contemporanea della costante ricerca di immagini accattivanti a stimolazione dell’occhio. In quest’ambiente, perennemente col telecomando in mano per la regolazione audio dei dispositivi, ci si aggira tra minispot, brevi film e videoclip. Tra questi, tratto da youtube, emerge
Bizzarre Love Triangle (1969) di
Robert Longo, rarità dell’artista realizzata per un brano dei New Order in cui non mancano le inconfondibili figure “suicide” della serie
Men in the Cities.
Mentre a dare un senso alla mostra sembrano
Compound temporal conflation (horizontal) (2002-03) – quattro fotografie di
Mike Kelley in cui l’artista sovrappone immagini trovate nella sua casa di Los Angeles con gli stessi ambienti vissuti da altre persone – è con
Conte Lautremont Ontani Isidore Oceano Ducasse Polipo Sangue Bulldog Rinoceronte Maldoror (1970) di
Luigi Ontani che prende forma il tesoro della collezione, l’onore di casa.
Su un lenzuolo appeso come uno stendardo sono riportati alcuni frammenti di testi ispirati alla poesie di Lautréamont. E le macchie rosse, prodotte dal sangue che l’artista ha perso dal naso durante la realizzazione del lavoro, diventano un segno di sofferenza del piacere consumato in un letto, condizione che lo stesso Ontani richiede rigorosamente ai suoi ospiti in una frase qui impressa, “
che non abbiano”, cioè, “
più di quindici anni”.
In ultimo, la selezione di 33 e i 45 giri di
Rodney Graham. Come dire, un po’ di musica per rompere finalmente il ghiaccio e sentirsi a casa.