Nel 1929 Carlo Carrà sostiene che nelle opere di Jessie Boswell (1881-1956) “non vi è mai aneddoto” e che ciò che ispira la pittrice “non è l’episodio, ma l’accordo di tre o quattro tonalità che l’hanno impressionata”. Questa considerazione lungimirante mette in luce uno degli elementi principali che fanno dei Sei di Torino un’antenna vibrante della cultura francese, obbligando ad affrontare immediatamente l’assunto principale di questa mostra.
Il gruppo composto dalla citata Boswell, Gigi Chessa (1898-1935), Nicola Galante (1883-1969), Carlo Levi (1902-1979), Francesco Menzio (1899-1979) ed Enrico Paulucci (1901-1999), che portò Torino al centro del divenire artistico internazionale alla fine degli anni Venti, è al tempo stesso un fenomeno strettamente italiano e un filo diretto con l’Europa. Binomio, questo, che secondo il critico Persico, è “degno di essere assunto dalle nuove generazioni come il motivo più originale del loro lavoro”.
È vero che i curatori della mostra di Settimo, Rolando Bellini e Ivana Mulatero, insieme a Pino Mantovani, Giorgina Bertolino e Fabio Minazzi che hanno i saggi del catalogo, hanno allargato lo sguardo ad aspetti finora meno indagati, come il rapporto tra i Sei dopo lo sfaldamento del gruppo, il confronto con altri pittori (da Deabate a Spazzapan) o il ruolo e le suggestioni del pensiero matematico in relazione al processo cognitivo nel pensiero del torinese Geymonat.
Tuttavia, l’ampia e circostanziata selezione di opere (alcune provenienti da collezioni private raramente esposte in pubblico) evidenzia in modo esemplare il dialogo di questi sei amici nel clima particolarmente vivo della cultura torinese di Gobetti e Casorati in opposizione con l’accademia imperante di Grosso e di una parte del Novecento. Complice anche la perfetta idoneità dei luoghi, La Giardinera del comune di Settimo che, con le sue piccole ma luminose stanze, permette un raffronto diretto e parlante tra le opere.
Paesaggi, ritratti, interni e nature morte: questi i soggetti che attraversano tutte le sezioni della mostra, semplicemente suddivise per periodi, dagli esordi del gruppo agli sviluppi individuali d’ognuno dei sei pittori.
È dunque la sapiente disposizione delle opere che permette di notare come l’Impressionismo diventi più una “preferenza invincibile ma cauta” che una diretta filiazione dovuta ai ripetuti soggiorni-studio di Menzio, Levi, Paulucci e Galante a Parigi. Questo gusto che trapela è, come suggerisce Bernardi, sottomesso, risponde cioè ad una rilettura tutta italiana della pittura –a volte nettamente casoratiana- o che preannuncia le migliori opere di Sironi e Rosai.
L’unità del gruppo sorge chiaramente in questo amore per il fare pittorico, questa passione per il mestiere che, invece di marcare il loro appartenere ad una realtà provinciale, innalza quel loro dilettantismo a caratteristica nobile, al mestiere del fare pittura appunto.
Difficile scegliere qualcuna delle opere esposte per raccontare l’essenziale bellezza degli interni della Boswell (come in Bambino nello studio, c. 1926 o Interno con fiori, c. 1929), l’enigmaticità alla Modigliani dei ritratti di Levi (come Figura – Ritratto di Maria Rosselli, 1930) in un dialogo di sfumature di blu con quelli di Chessa (Ragazza in blu, 1931), o la forza espressionista di alcuni paesaggi di Menzio (Paesaggio Monte dei Cappuccini, 1929) a confronto con il tocco più di rapido e morbido di Paulucci (Paesaggio a Rapallo, 1928) e quello più frammentato e tirato di Galante (Paesaggio, 1930).
Il pubblico non mancherà di individuare citazioni dal “Maestro Casorati” in alcune nature morte (Menzio, Natura morta con cavallino, 1928 o Chessa, Uova e brocca, 1920), ma anche raffinati rinvii a Bonnard e ai post-impressionisti più “intimi” negli interni con figure di Boswell. Eccezionale, sul versante di più chiara attinenza italiana, la luminosità calda e immobile della Spiaggia di Carlo Levi (con appena un accenno a un certo Picasso degli anni Venti).
Il legame con la propria terra e l’internazionalismo, la semplicità e la raffinatezza del tocco, la serietà e la grazia del fare pittorico: sono alcune delle definizioni che descrivono il valore di questo evento, promosso dalla Fondazione Torino Musei insieme all’Associazione Ligure Piemontese Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea.
E anche un buon motivo per vantarsi d’esser torinesi…
emanuela genesio
mostra vista il 9 gennaio 2005
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