Esteticamente appagante. E non solo da un punto di vista strettamente visivo, se è lecito parlare di un’estetica dei sensi. Perché concentrarsi sul colore, o meglio, lasciarsi andare al potere seducente della pittura, alla sua prorompente abilità nel trasmettere sensazioni tattili dal sapore intenso, sembrerebbe possedere la straordinaria facoltà di coinvolgere una sfera emotiva più profonda. Più vicina alla dimensione appunto dei sensi che dell’intelletto. Come se ad indugiare sulla superficie colorata della tela non fosse solo lo sguardo lucido della mente ma anche quello inconsapevole dell’istinto. Ecco un possibile saggio di cosa si è in grado di percepire al cospetto del nuovo ciclo di dipinti di Massimo Kaufmann (Milano, 1963), uno dei protagonisti della stagione artistica milanese della seconda metà degli Anni ’80 insieme a Stefano Arienti, Marco Cingolani, Mario Dellavedova e qui alla sua quarta personale presso la Galleria In Arco di Torino, con la quale collabora dal 1991.
Da sempre incline a manipolare la realtà, con l’aggiunta di un sentimento di forte desiderio che, ieri con le installazioni, i disegni di silicone su tulle, le sculture, i disegni con la macchina da scrivere come oggi in pittura su tela e non solo, Kaufmann riesce a veicolare con la medesima intensità. Che trasuda dalle pareti d’ingresso imbiancate della galleria, trasformate per l’occasione in enormi teleri sui quali trovare applicati tondi di cotone, imbevuti di pigmento puro allungato con acqua, al pari di moderni affreschi.
Questa, in pratica, la nuova serie delle cosiddette Bubbles del titolo della mostra. Tutto materiale ricavato dalla polpa di carta che, compressa in panetti di cotone per permetterne lo stoccaggio nella cartiera di riferimento, tende ad assumere la consistenza della gomma. Un’estensione tridimensionale, se si vuole, dei molteplici cerchietti colorati, riprodotti ad olio ossessivamente sulla superficie di tele di grandi dimensioni, esposti in questa personale nelle sale successive e anche un modo per soddisfare il proprio piacere e aspirazione alla bellezza della tattilità. Un’estetica dei sensi, appunto.
claudia giraud
mostra visitata il 18 aprile 2007
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