Noia e straniamento, partecipazione e disimpegno: la vita fluttua fra estremi che portano al disincanto e alla decadenza. Il
Laboratorio Saccardi si muove in questo territorio, segnato da crepe e sfaldamenti, da falle che si aprono improvvise, da personaggi “falsi”, appartengano essi allo star system o al mondo della politica, sempre caratterizzati da comportamenti opportunistici, di convenienza.
Il mondo dei Saccardi è una gigantesca Wunderkammer, un vaso di Pandora che si schiude senza alcun ritegno e lascia fuoriuscire un caos d’immagini, di molteplici figure, facendo dilagare un immaginario collettivo debordante.
Per quanto riguarda la metodica di lavoro, lo spettatore è posto a confronto con una contaminazione di stili e forme, disegni, pittura, installazione, suggestioni della Pop Art, del medialismo,
con l’intendimento di rendere il più evidente possibile la confusione della vita sociale contemporanea. L’insieme risulta graffiante, ironico, percettivamente aggressivo.
Il titolo della mostra, divisa in due parti – una delle quali presso la Galleria Antonio Colombo di Milano – è
Il primo giorno di felicità. L’allusione è a una “fine del mondo” annunciata lo scorso anno, in seguito a un esperimento scientifico. Questo momento catastrofico diventa dunque il punto di partenza per inventare un’altra realtà, rigenerata, nata dalle ceneri di un mondo avido, consumistico e feticista. Essere felici significa dunque, in prima istanza, ripensare, reinventare un’umanità in grado di apprezzare la vita, attingendo al caos delle emozioni, della cultura popolare, della pienezza dei sensi.
Tutto ciò si palesa nei lavori proposti, provocatori fin dall’invito, dove si recita che “
il culo ha sempre ragione”, a sottolineare il culto dell’apparenza, dell’oggetto-feticcio. Sulle pareti sono disposti disegni dissacranti, con allusioni politiche e sociali; un dipinto di grandi dimensioni,
Fobofobia, carico di figure e scritte; tre poster che raffigurano un uomo urlante; un’installazione di cartoni sui quali la scritta “abracadabra”, evocativa di un rituale magico, si riduce via via sino a giungere alla sola vocale A, inizio dell’alfabeto. Sul pavimento, infine, è disposta un’installazione realizzata con nastro da pacchi.
L’insieme suggerisce l’idea della confusione dominante la realtà attuale. Ma anche una presa di distanza, nel segno di una nuova storia dell’uomo, finalmente affrancato dai simulacri.
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grandi i sacca mostra raffinatissima !
La solita accozzaglia di idee banali e mal realizate, basta con questa roba non se ne può più! Velan una volta era una buona galleria...
velan una buona galleria? una volta? che ridere!
niente di eccezionale ma non sono attaccabili.