La galleria Alberto Peola ospita il lavoro di Hiraki Sawa (Ishikawa, 1977; vive a Londra), residente a Londra, dove, nonostante la giovane età, espone suscitando grande interesse da più di un decennio. Iniziò con una personale nel 1994 a Tokyo, per poi aprirsi ad un contesto internazionale organizzando mostre di rilievo a New York, e continuando ad alternare la sua presenza tra l’America, l’Inghilterra e il Giappone.
Questa è la sua prima personale in Italia e offre la possibilità di vedere cinque video collocati in due sale. Tre di essi costituiscono una sorta di allestimento virtuale, e inducono ad una fruizione simultanea dei contenuti, anche se questa condizione viene contemporaneamente impedita dalla scelta di aver “nascosto” due di essi. Sono presentati infatti su minuscoli supporti paralleli al pavimento al centro delle due pareti che costituiscono un angolo retto opposto a quello in cui è collocato il lavoro del 2006 Murmuring (quest’ultimo è di dimensioni decisamente maggiori e caratterizzato da uno schermo piatto a sviluppo verticale). La scelta non è casuale: la posizione angolare offre la giusta prospettiva per osservare intimamente la sequenza di immagini ottenute con una tecnica digitale, che in linguaggio cinematografico potrebbe essere definita una semplice sovraimpressione. Nello specifico, si tratta di una serie di riprese lente e accurate, in piani ravvicinati, di dettagli dell’appartamento dell’artista. Immagini in bianco e nero che vengono “solcate” da figure in movimento costituite dal loro semplice contorno luminoso: scandito da un soave ritmo ipnotico appare, ad esempio, un cavallino disegnato come una silhouette ritagliata nella luce che percorre e anima il dorso di libri disposti con ordine rigoroso in una stanza piena di ombre.
Oppure assistiamo al disegno di piante che in divenire si ramificano, a ricamare un frastagliato motivo ornamentale sul letto e sulla parete, sottolineando il potere dell’immaginario e il suo valore effimero.
A livello sensoriale sembra di trovarsi di fronte ad una sofisticata e moderna versione della lanterna magica, ma non esiste nessun vetrino che viene fatto scorrere di fronte ad una candela, ma solo una fredda centralina elettronica che controlla il funzionamento dei vari video. In quelli piccoli, in cui è necessario affacciarsi per osservare dall’alto, lo stupore lascia spazio ad una forma di inquietudine nel vedere il susseguirsi di esseri che nascono dalle fessure delle nostre abitazioni per moltiplicarsi in numero e altezza, assumendo ombre prospettiche vagamente minacciose.
A differenza di quelli sopra descritti, i video di grandi dimensioni Hako (2006) e Unseen Park (2006) si avvalgono di una struttura progettuale che propone il susseguirsi di una serie di paesaggi fantastici, in cui dettagli e personaggi-origami si muovono circondati ora da giostre scandite da ossessivi carillon, ora da razzi che ruotano sospesi.
Troviamo anche piccoli aeroplani, che spaziano in questo universo infantile e che ci servono da veicolo per cambiare fondale e scoprire nuovi scenari surreali. Luoghi in cui anche una semplice casa viene disegnata con un prospetto monco e illusorio, assurdo come quello di un Magritte, affascinante come quello di un Escher.
barbara reale
mostra visitata il 29 maggio 2007
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