Ventisei artisti, un’ottantina di opere, un arco di tempo che si estende dall’Ottocento agli anni Trenta. Per presentare un gruppo –che mai fu tale– nato “ufficialmente” nel 1891 in occasione della prima Triennale di Brera, presenti Gaetano Previati , Giovanni Segantini, Angelo Morbelli e un più defilato Plinio Nomellini. L’instancabile opera del mentore, gallerista e collezionista Vittore Grubicy non sarà sufficiente per difendere i Divisionisti dalle accuse di provincialismo o, peggio, dal silenzio. Solo con la mostra storica Divisionismo, nell’ambito della XXVI Biennale di Venezia del 1952, avverrà il rilancio critico, per poi consolidarsi con la Mostra del Divisionismo italiano allestita alla Permanente di Milano nel 1970.
La tesi ribadita più e più volte dal curatore è che il Divisionismo italiano non è una filiazione del neoimpressionismo francese: le due “correnti” condividono senza dubbio la prospettiva positivista e le scoperte di fisica ottica (specie il volume di O.N. Rood
La mostra si suddivide in quattro sezioni. Tra i Maestri del Divisionismo, segnaliamo la lucentezza di Donna sul Lago Maggiore (1915) di Angelo Morbelli (Alessandria 1853 – Milano 1919) e Il cammino dei lavoratori (1898, paradossalmente di proprietà privata) di Giuseppe Pellizza (Volpedo 1868-1907): sia rispetto al preparatorio Fiumana (1895-96) che al monumentale Quarto stato (1901), ha un che di maggiormente concluso, denota “un impatto visivo di
Fra gli Interpreti del Divisionismo, spicca suggestivo Il viatico (1911) di Cesare Maggi (Roma 1881 – Torino 1961), mentre fra le Influenze del Divisionismo si ricordano di Romolo Ubertalli (Mosso Santa Maria, Biella 1871-1928) la grande perizia dimostrata in Dolce e chiara è la notte (1905), con la resa straordinaria dei soggetti immersi nel buio, e la tecnica “acquerellata” di Alberto Ferrero (Vercelli 1883 – Roma 1963) in Pioggia al Santuario di Oropa (1925-35).
L’ottava sala presenta la sezione Verso il futurismo: di Giacomo Balla (Torino 1871 – Roma 1958) vanno almeno citati i due pastelli Villa Borghese (1905 circa) ed Elisa nella luce (1906-08), di Carlo Carrà (Quargnento, Alessandria 1881 – Milano 1966) l’Impressione veneziana (1907) e di Giuseppe Cominetti (Salasco, Vercelli 1882 – Roma 1930) il Tango (1914), sorta di anacronistico – in senso etimologico – omaggio al quadro omonimo dipinto da Maggi nel 1919.
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