07 novembre 2005

fino al 26.XI.2005 Epì òinopa pónton /Quel mare purpureo Torino, Allegretti Contemporanea

 
Da una conversazione con Gad Lerner, nel suo buen retiro in Monferrato, nasce una mostra. Che parla di arte e vino. Undici artisti, tra pittura, scultura, fotografia e installazione. Ma il vino non c’è…

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Questa non è una mostra sul vino. Niente a che vedere con l’assunto magrittiano ceci n ‘est pas une pipe dove la pipa, almeno quella disegnata, c’era. Anche se Quel mare purpureo che dà il titolo alla collettiva, si riferisce al colore violaceo della “mitica” bevanda. Questo lo spunto dal quale prende le mosse l’esposizione, che vede collaborare la direttrice della galleria –Stefania Olivetta– con i due soci di una cooperativa vinicola –il giornalista Gad Lerner e Fabrizio Iuli– e con un giovane curatore –Luca Vona– più il contributo dello storico Giorgio Monestarolo. Fin qui, il corollario dell’iniziativa. Ma, si diceva, non si tratta di una mostra sul vino. Che difatti non c’è, né iconograficamente né in forma strettamente simbolica. Il vino è qui semplicemente come generatore di ispirazione, un detonatore utile a far esplodere le proprietà organolettiche potenzialmente racchiuse nell’arte. Come spiega lo stesso Vona “la relazione arte/vino si esplica al di là del semplice aspetto didascalico, offrendo piuttosto un itinerario estetico informato dal vino a priori, un’arte cioè intrinsecamente enoica”. Talmente intrinseca da risultare a volte persino un po’ forzata, nell’intento di ricondurre un certo numero di artisti, diversi per provenienza ed esperienza, sotto l’egida altisonante –e dissetante– del dio Bacco. Claudia Virginia Vitari, Zeit 2, 2001 Che ha comunque il merito di svelarne le insospettabili collusioni con opere di pittura, scultura, fotografia e installazione (non realizzate espressamente per questa mostra). Pertanto, la materia colante dai toni del viola elettrico nei dipinti di Francesco Cervelli (Roma, 1965) diventa il decantato fluido alcolico, che getta un ponte con la dimensione del sogno. Proprio quel sogno indagato dal padre della psicoanalisi che, qui in un ritratto ad olio su tela, si fa icona di un passato ormai in dissolvenza. E da un Sigmund Freud in liquefazione, si passa alla cronaca più recente, illustrata dai tondi lignei del texano Steven Meek (Dallas, 1969), dove l’immagine dei funerali del Papa risulta alterata e distorta. Quasi come se subisse il ritmo vorticoso di una mente ottenebrata dall’abuso di alcool. E ne restituisse, perciò, il riflesso caoticamente dionisiaco. Anche le foto digitali di Alessandro Belgiojoso (Milano, 1963) sembrano intaccate da qualche forma di eccesso etilico, tanto da far avvicinare l’astrazione della riproduzione fotografica alla qualità tutta pittorica della pennellata informale. Una contaminazione tra arti che non manca di comparire nelle sculture vicine al design di Jessica Carroll (Roma, 1961). In quella Pianta acquatica dove pare coniugarsi la funzione del bere –si tratta di un oggetto in ceramica con dei bicchieri di vetro a formare i rami di un ipotetico albero– alla componente ludica che gli è propria. Ancora contenitori –questa volta antropomorfi– per Domenico Borrelli (Torino, 1968) che, attraverso brocche e caraffe auto-generanti, rivela una propensione ad intendere il rapporto vino-arte su un piano molto intimo e umano.
Steven Meek, Circle-Pope, 2005Il binomio eros-thanatos sembra legare le poetiche di due artiste –l’americana India Evans (New York, 1978) e Claudia Virginia Vitari (Torino, 1978)– all’eterno ciclo Vita-Morte-Rinascita. Una tranquilla malinconia è ciò che pare accomunare il resto del gruppo. Così, Stefania Olivetta (Torino) immerge le colline del suo Monferrato in una nebbia sulfurea, fatta di densa materia pittorica. Che si trasforma in cupa terrosità nel trittico di Antonio Loddo (Portoscuso, CA, 1954), dove un frammento di Natura 1 si ritrova invischiato suo malgrado.
Si può ben concludere con le parole di Gad Lerner, colte durante l’intervista riportata in catalogo: “Senza sensibilità artistica ed estetica il vino buono non lo trovi”. Lo stesso dicasi dell’arte in genere.

claudia giraud
mostra visitata il 15 ottobre 2005


Epì òinopa pónton /Quel mare purpureo – mostra collettiva con opere di Alessandro Belgiojoso, Domenico Borrelli, Jessica Carroll, Francesco Cervelli, India Evans, Claudio Gobbi, Antonio Loddo, Steven Meek, Stefania Olivetta, Carlo Pasini, Claudia Vitari
Torino, Allegretti Contemporanea, Palazzo Bertalazone di San Fermo XVII sec., via San Francesco d’Assisi 14, interno cortile – Orario di visita: da martedì a venerdì 15,30-19,30 – Ingresso libero
Per informazioni: telefono e fax: 011 5069 646; info@allegretticontemporanea.it
www.allegretticontemporanea.it – A cura di Luca Vona da un progetto di Stefania Olivetta con la collaborazione di Gad Lerner e Fabrizio Iuli – Testo in catalogo di Luca Vona con un contributo storico di Giorgio Monestarolo


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4 Commenti

  1. non ho visto la mostra ma l’orgomento mi stuzzica al punto di fare alcune considerazioni che partendo dal “vino”,fonte d’ispirazione,compagno,e infine complice di odisseo cercherò qui di illustrare.il vino quale fonte di ispirazione per delle opere d’arte?è vero ogni “impresa” a cui ci accingiamo deve poterci vedere impegnati al massimo,sia intellettualmente che “sentimentalmente”.ma non riusciamo ad essere protagonisti del nostro tempo?l’artista deve seguire lo scorrere del fiume presente?io credo di no.bisogna capire quale realtà ci circonda e proporre un nostro percorso.essere presenti nel nostro tempo proponendo un discorso ,un fare arte che ci veda protagonisti.non invenzioni che stupiscono.ma ricerca e sperimentazione cosciente.dove il mezzo tecnico,qualunque esso sia ,è solo tale.l’arte deve ritrovare se stessa.diventare protagonista della realtà in cui vive.ma ciò implica conoscenza,studio approfondito.sperimentazione,e fatica.un saluto e un grazie a tutti per la vostra attenzione.

  2. all’ Olivetta dovevano invitarla a una mostra sul Martini (eheheh)…
    lo so è una sciocchezza chiedo scusa ma non riuscivo a trattenerla…

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