In un momento in cui l’Europa viene accusata di cecità,
immobilismo e incapacità di prendere posizioni nei confronti della crisi in
atto, avvalorando la tesi che saranno altri i paesi a fornire le risorse e le
energie per superarla, spostando probabilmente il baricentro del futuro sapere,
la mostra da Marena Rooms offre l’occasione per riflettere sulla situazione
politica ed economica del Vietnam, una delle realtà con le migliori prospettive
di crescita per i prossimi anni.
A riempire di colore ogni parete è
Hunh Nguyen Manh (Hanoi, 1976), giovane promessa
della pittura vietnamita, che abbandona l’elettronica e le comunicazioni per
seguire una vocazione più autentica e laurearsi all’Hanoi Fine Arts University
nel 2002. Attraverso l’espressione pittorica, l’artista indaga la situazione
economica del Vietnam, e anche se con toni molto diversi da quelli che la
critica potrebbe aspettarsi, riesce a comunicare aspetti inconsueti.
La sua tecnica figurativa, esteticamente piacevole, a una
prima analisi si potrebbe archiviare come superficiale, ma non si tratta di una
riproduzione del reale fine a se stesso. In effetti, le immagini utilizzano il
linguaggio visivo del Surrealismo e, come suggerisce il curatore della mostra, Gabby
Miller, sviluppano una serie di “
ibridazioni”, la fusione di due oggetti d’uso
comune per crearne un terzo, non comune e sconcertante.
L’ironia e la fantasia dominano la selvaggia natura che
caratterizza la morfologia delle vaste colline del Vietnam. Un paese che ha
avuto finora una prevalente tradizione agricola e contadina si deve confrontare
con la crescente urbanizzazione delle città costiere e con l’invasione dei
prodotti del mercato globale. Da un lato Hung Nguyen Manh manifesta una sorta
di nostalgia nei confronti del mondo rurale, che definisce l’identità del suo
popolo; dall’altro evidenzia la dicotomia fra il mondo naturale e gli effetti
della globalizzazione che pervadono il sistema macrostrutturale della società,
nonostante le vicissitudini storiche.
L’identità collettiva è offuscata dalla storia
individuale, le vedute aeree sviluppano l’immaginario dell’artista fortemente
condizionato dalla figura paterna, uno dei pochi piloti altamente qualificati
nell’esercito di liberazione del Vietnam.
Protagonisti di ogni dipinto sono gli aerei militari
raffigurati con dovizia di dettagli, a cui si aggiungono inattesi e
sconcertanti elementi: grandi buste della spesa appese alle ali del velivolo,
lattine al posto di ipotetiche bombe.
La scala degli oggetti è arbitraria e fantasiosa.
L’artista gioca con l’ironia e con elementi a sorpresa per comunicare un
disagio fortemente connesso alla scissione fra la situazione politica del
paese, dominata dal pensiero socialista, e le continue trasformazioni a livello
economico e industriale.
L’artista si ritrae nel costume tradizionale in un
paesaggio incontaminato. Solo la natura sembra immutata, mentre il passato
persiste nel ricordo del padre, e il futuro si manifesta invasivo e pericoloso
in un cielo non più libero.
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Più bella l'analisi della mostra.
Finalmente qualcosa che si può guardare!