Enzo Biffi Gentili ha avuto l’ardire di organizzare con Luisa Perlo una mostra alquanto singolare: coordinatore del progetto BAU – Biella Arredo Urbano, ha colto l’occasione di inserire nel percorso espositivo
La città disegnata dagli Architetti la rivisitazione di un patrimonio culturale che affonda le sue radici nel Piemonte degli anni ‘20 e ‘30, fra spirito fascista e stimoli avanguardistici, analizzato attraverso progetti di architettura quali quelli del futurista
Nicola Mosso e del razionalista
Giuseppe Pagano.
Questi hanno valorizzato un contesto territoriale, quello biellese, all’epoca in fervente crescita economica e che ora rinnova la sua immagine, curando progetti di arredo urbano firmati, tra i nomi degli altri prestigiosi studi, anche da
Sottsass Associati. Dagli edifici destinati all’industria tessile e dagli studi per l’illuminazione che rendono omaggio ad
Achille Castiglioni e al suo progetto per la città di Torino del 1981, si passa a osservare i disegni che avrebbero dovuto essere destinati all’ampliamento del più importante Santuario mariano delle Alpi, quello di Oropa, custode di una Vergine Nera, che sorge a soli quindici minuti dal centro di Biella.
Paolo Portoghesi, nel suo saggio, lo definisce il “
tempio delle occasioni perdute” e osservando gli splendidi disegni di ampliamento della Basilica in mostra di
Guarino Guarini e
Alessandro Antonelli se ne comprendono le motivazioni. L’attribuzione al Guarini non è certa, ma basta osservare la pianta della Chiesa della Madonna Santissima d’Oropa (fine Seicento) per cogliere diverse analogie con la costruzione geometrica della Cappella della Sindone. Si ricorda che venne poi scelto il progetto di
Ignazio Amedeo Galletti e che la Basilica a monte del santuario fu consacrata nel 1960, mentre il lato sud con la monumentale Porta Regia fu realizzata in precedenza da
Filippo Juvarra.
L’intero complesso, con l’immenso chiostro e terrazze su più livelli, è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità Unesco nel 2003. Non tutti sono a conoscenza che accanto al santuario esiste un omonimo Sacro Monte sul quale sono state edificate dodici cappelle affollate di statue di terracotta policroma, autore di queste, con altri,
Giovanni D’Errico, particolarmente celebrato in mostra da Enzo Biffi Gentili, le cui opere costituiscono appunto il
Gran Teatro Ceramico.
Arte sacra barocca e popolare accostata a generi decisamente opposti, che creano un certo disorientamento nel visitatore. Si osserva con cautela la selezione di opere della “funk art”, nata in California tra gli anni ‘50 e ’60, si spazia dall’irriverente al grottesco che sconfina nell’orrido con elementi quali
Robert Arneson,
Tony Natsoulas e
David Gilhooly, al cui confronto il nostro talentuoso
Paolo Schmidlin, presente con tre dei suoi busti iperrealistici, appare molto più innocuo di quanto non sia.