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fino al 27.VII.2011 | Magnificence – Peter Friedl | Guido Costa Projects, Torino

di - 12 Luglio 2011
I fratelli Costa dell’omonima galleria torinese propongono la mostra Magnificence che raccoglie due opere dell’artista austriaco Peter Friedl (Oberneukirchen, Austria, 1960, vive a Berlino nelle brevi soste tra un viaggio e l’altro). Si tratta di due lavori a progetto, creati per lo spazio torinese che, come raccontano i galleristi, sono stati “lungamente pensati, lenti nella gestazione, ma poi rapidamente realizzati, com’è tipico di Friedl”. Profondo pensatore indipendente (si veda, tra tutti, il saggio Secret Modernity, sulle questioni del colonialismo italiano pubblicato da E-Flux Journal http://www.e-flux.com/journal/view/86), Friedl è un artista che non separa la pratica dalla teoria e che fa di quest’ultima il terreno per rivisitare con metodi poco ortodossi la storia, nella sua accezione di repertorio di dati e attualità politica. Indaga i modi di rappresentazione formulati dall’uomo per raccontarla e i cortocircuiti che si producono nel momento in cui la rilettura degli eventi passa attraverso mezzi normalmente non atti all’esegesi storica, che mischiano generi e discipline e soprattutto, mostrano la limitatezza di ogni forma di rappresentazione. “Le immagini si formano e si sviluppano in modi paradossali. – afferma Friedl in una bella intervista di Anselm Franke – Si potrebbe dire: nella misura in cui la resistenza della realtà cambia di volta in volta. E perché le immagini e le forme sono a loro volta una messa in scena. […] La forma intelligente è diventata sin troppo impotente, ha bisogno di sostegno. Il mio uso dei generi è stato un tentativo di muovermi in questa direzione”. Come dire che i codici hanno bisogno di esser messi a nudo o “decolonnizati”, secondo le sue parole, della narratività che li infesta ingombrando il nostro immaginario.

Le due installazioni alla Guido Costa Projects sono ascrivibili a questa ricerca sul codice nel suo rapporto con la visibilità e il senso. Sono opere appese che occupano un’intera parete (una costruita appositamente) e che nascono in stretto legame con una serie di “documenti”. La prima, nasce come rappresentazione del tutto arbitraria della selezione annuale, altrettanto arbitraria e tendenziosa, compiuta dall’organizzazione statunitense The Fund for Peace (in parte finanziata privatamente) per indicare gli stati che “falliscono” economicamente. Si tratta di 20 bandiere assemblate insieme senza un particolare criterio selettivo che Friedl ha voluto far realizzare da detenute ed ex-detenute del carcere di Le Vallette di Torino (coordinate dalla cooperativa Papily). L’oggetto prodotto è dunque un pungente paradosso di termini: ineccepibile nella sua purezza estetica, così come ogni icona deve essere, l’insieme delle bandiere nasce da mani appartenenti a 15 nazionalità diverse (un occhiolino a Boetti?), in gran parte di paesi poveri possibili di esser menzionati tra i Failed States.

La seconda è altrettanto icastica per contenuti: un neon che cita una frase trascritta da Antonio Gramsci nei Quaderni dal carcere, traduzione erronea di un brano tratto dal Magnificence del drammaturgo John Skelton. “Io posso trovare fantasie dove non c’è nessuno”, scrisse Gramsci nei suoi Quaderni, quando l’originale terminava con “dove non ve ne è alcuna”. L’estetica dell’errore è un altro dei mezzi con cui Friedl mette in guardia lo spettatore sulle tante illusioni (fisiche, psicologiche, emotive) che l’uso del linguaggio (come codice) comporta. Nello specifico, per quel che riguarda il contenuto, è chiaro come questo errore sveli la possibilità che ideologie, condizioni sociali e storiche possano sporcare la coscienza critica e portare all’equivoco anche le menti più lucide. Mentre il mezzo scelto, la scrittura di luce, porta a galla lo scarto tra una “verità” che viene dalle tenebre e la fallacità di cui è invece messaggera.

L’arte in questo senso può smascherare, a tratti infastidendo e a tratti incantando, o forse tutte e due le cose insieme. Ciò su cui l’artista austriaco insiste spesso è che l’arte è libera di usare ogni mezzo per creare un discorso che ci consenta di scrollarci di dosso le immagini mediatiche da cui siamo soffocati. E che ogni problema è enunciabile esteticamente attraverso rappresentazioni da scoprire di volta in volta.

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emanuele genesio

mostra visitata il 7 luglio

dal 27 maggio al 27 luglio 2011

Magnificence

Guido Costa Projects, via Mazzini 24 – 10123 Torino

dal lunedì al sabato, 15-19; 
tel. +39.0118154113; info@guidocostaprojects.com

[exibart]

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