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esistere senza la libertà di immaginazione e il diritto di usufruire
liberamente delle opere di fantasia. Per vivere una vita vera, completa,
bisogna avere la possibilità di dar forma ed espressione ai propri mondi
privati, ai propri sogni, pensieri e desideri; bisogna che il tuo mondo privato
possa sempre comunicare col mondo di tutti. Altrimenti, come facciamo a sapere
che siamo esistiti?”.
Il passo tratto dal best
seller di Azar Nafisi, Leggere Lolita a Teheran, parrebbe scritto apposta per accompagnare la mostra di Maryam Amini (Esfahan, 1977; vive a
Teheran). Non tanto per il dibattito relativo alla discriminazione sessuale nei
Paesi islamici – sempre urgente, ma spesso basato più su stereotipi
massificanti che su una reale e profonda conoscenza del fenomeno – quanto per
la vitalità che pervade un lavoro intensamente autobiografico e, al contempo,
paradigmatico. Che della vita raccoglie una pluralità di esperienze, pensieri e
sentimenti, esplodendo sulla tela in una miriade di tecniche, dall’acrilico
all’acquerello al collage, senza dimenticare i lustrini, tutti
indifferentemente usati per esprimere un caleidoscopio di urgenze e per avere –
dice l’artista – “un controllo totale” del proprio lavoro.
Un lavoro decisamente al
femminile, in cui l’io è punto di partenza e iconografia ricorrente, indizio un
caschetto di capelli neri: quello della pittrice, la quale però rinuncia ad
altre precisazioni somatiche per diventare emblema di una donna costretta a
nascondersi eppure forte, pronta a rivendicare la propria dignità e la propria
autonomia e, se occorre, a infrangere qualche tabù senza temere la censura (di
qui i riferimenti all’eros e all’omosessualità, gli insistiti simboli fallici).
L’arte sposa allora la
protesta civile, si fa urlo allegro e rabbioso dai colori fluorescenti “della
mia generazione”. Qua e là, fra la delicatezza del disegno e la pennellata
guazza, affiorano lame, coltelli, spade: strumenti da difesa più che da offesa,
pronti a essere branditi a puro scopo dimostrativo, ma soprattutto oggetti
ornamentali tipici di un humus etnico, testimoni – insieme alla lanceolata
silhouette del cipresso – del peso di un retaggio culturale tutt’altro che
rinnegato. Composizioni dominate dalla purezza del bianco, spesso “tagliate a
metà”, con un punto di vista obbligato ma dai molteplici livelli
d’interpretazione.
Cosa sarà, ad esempio,
quella goccia rossa che spunta di tanto in tanto sotto la frangia di capelli
corvini, o cola giù da labbra esasperate da clown? Un rivolo di sangue o, più
semplicemente, del rossetto sbavato?
Arte
della civiltà islamica a Milano
Memorie
velate a Ferrara
anita
pepe
mostra visitata il 25 settembre 2010
dal 23 settembre al 27 novembre 2010
Maryam Amini – Me
and Madam Iran
Verso
Artecontemporanea
Via Pesaro, 22 (zona Rondò della Forca) – 10152 Torino
Orario: da martedì a sabato ore 15-19 o su appuntamento
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 0114368593; fax +39 0114627757; info@versoartecontemporanea.com; www.versoartecontemporanea.com
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