Ricordate l’effetto che fanno le statue posizionate sopra le lapidi o all’interno delle cappelle quando vi trovate a far visita in un cimitero? …Non sforzatevi. Forse non fanno alcun effetto, dal momento che la maggior parte di esse sembrano realizzate semplicemente in serie da un artigiano esperto nel fare il suo mestiere.
Bene, pensate che un giorno qualcuno distrattamente abbia incrociato il suo sguardo con una di queste sculture e che, come travolto da un’inconsueta epifania, ne abbia colto la dignità artistica e la spiccata tensione emotiva.
Ugo Ricciardi (Torino, 1975), ha iniziato così. Ha intrapreso a partire dallo scorso anno un progetto che l’ha portato a lavorare all’interno dei tre cimiteri monumentali delle “grandi del Nord”, Milano, Torino e Genova, città dello sviluppo, dell’industria, della multiculturalità e anche dell’anonimato. Lo scopo? Immortalare le statue che sui feretri impolverati più lo impressionavano per iconografia, intensità, particolarità.
Entrando nel nuovissimo spazio di Photoikon dedicato interamente alla fotografia, ci si trova così dinanzi ad una quarantina di fotografie, selezionate tra un gruppo ben più nutrito, realizzate negli ultimi due anni dall’artista. Non c’è nessun percorso narrativo, le foto hanno una disposizione che risponde unicamente alle scelte dell’artista.
I soggetti immortalati sono soprattutto sculture di angeli, che, fermate attraverso sapienti accorgimenti tecnici, soprattutto un accurato uso della luce, acquistano vita propria, al di là della loro originaria collocazione. Gli scatti colgono in questo genere di creazioni degli stati d’animo inediti, che si avvicinano fin troppo alle emozioni umane, e per questo causano incredulità.
Natura umana e divina si alternano in una bizzarra contrapposizione tra visioni eteree e raffigurazioni quasi grottesche, dalle sembianze che evocano i mostri leggiadri del manierismo. La natura circostante che s’inerpica con un verde vellutato sulle superfici degli Angeli di pietra richiama più i giardini di Bomarzo, che il cimitero monumentale della grossa città.
Sicuramente queste statue, osservate lentamente e immortalate attraverso sapienti inquadrature, fanno dimenticare quella rozzezza e quel valore unicamente decorativo al quale sono relegate e paiono dar voce ai defunti. Come 90 anni fa cercava di fare Edgar Lee Masters scrivendo l’Antologia di Spoon River.
monica trigona
mostra visitata il 6 dicembre 2004
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