La propagazione della materia,
nella personale del duo
Alis/Filliol (Davide Gennarino, Torino, 1979 e Andrea Respino, Torino,
1976), richiede una continua riflessione sulla soggettivitĂ . O sulla
de-soggettivazione quando, cioè, vien meno il prodursi di coscienza nel discorso,
quando lâartista è diviso coralmente fra i vari autori di unâesposizione al
punto da confondersi tra i diversi soggetti, o sembrarne il solo esecutore.
Nei due progetti,
Calco di due
corpi in movimento nello spazio â presentato nella cripta (contenitore che dĂ il nome
allo spazio espositivo) â e
Tactile, al piano superiore, gli artisti ripetono costantemente
dei gesti nel tentativo di diventare macchine spersonalizzate. La galleria è
allora lâarena di unâazione che si trasforma in scultura.
Masse di creta fresca
ricoprono le pareti opposte dellâ
underground project: risultato di una battaglia a
palle dâargilla tra i due, che â svoltasi in tempi diversi e completatasi
nellâultima azione sotto lo sguardo dei partecipanti â si è estesa a tutto il
luogo in termini di forma, intensitĂ cromatica e suggestioni olfattive.
Azzerando il pensiero attraverso
lâesperienza della perdita â quando la perdita coincide con la rinuncia del
soggetto che crea â Alis/Filliol concentrano lâattenzione sullâossessione quasi
rituale di gesti ripetuti, sui movimenti compulsivi dettati da una volontĂ di
annullamento fisico che, in ultimo, li invita alla contemplazione. Ă un gioco
delle parti, dove gioco è a tutti gli effetti
play, cioè agire, recitare, suonare o
semplicemente stare in un ruolo. Ă il â
teatro del vuotoâ, per utilizzare una definizione
degli artisti, che corrisponde alla messa in scena di azioni senza spettatori,
ed è paragonabile in scultura ai processi fisici di essiccazione della creta o
di solidificazione del bronzo durante la fusione.
Il teatro del vuoto è dunque
espressione centrale del âfarsiâ, del presente che si concretizza, come avviene
nel
Calco di due corpi in movimento nello spazio, dove la creta diventa
testimonianza scritta dello spostamento degli artisti nellâevitare i colpi.
Nella project room sono invece
presentati gli elementi di una grammatica visiva che, insieme, ricostruiscono
le tensioni dello spazio secondo unâulteriore riflessione sullo status del
mezzo scultoreo. Se il calco è per tradizione lâimpronta frutto di una
riproduzione, su un leggero piedistallo in legno (un praticabile del teatro di
scena) trova posto un busto in gesso tipico della statuaria
prĂŞt Ă monter.
La scultura sembra anche in questo
caso il cadavere di una performance, di unâazione che, in unâaltra dimensione e
tempo, ha avuto luogo. Il viso, che appare sfregiato e scarnificato, è il
risultato di unâesplosione della materia utilizzata nel riempire il busto fino
alla saturazione. Gesso nel gesso, calco nel calco. Sempre alla ricerca del
limite.
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Molto bello il progetto al piano inferiore, veramente una bella idea, con possibili sviluppi e interessanti riflessioni, sul fare e sulla forma.