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04
febbraio 2010
fino al 28.II.2010 Ottonella Mocellin & Nicola Pellegrini Torino, Fondazione Merz
torino
Frammenti del sonno e immagini-ricordo per raccontare la famiglia. Da privato a pubblico, gli album di famiglia sono spunti per riflettere sulla storia parentale. È Messico famigliare: quando la biologia diventa biografia...
In attesa della nuova direzione, la Fondazione Merz prosegue il proprio programma artistico. Tutto italiano. È Messico famigliare, la personale della coppia Ottonella Mocellin & Nicola Pellegrini (Milano, 1966 e 1962). Gioco di parole da Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, che nel 1963 analizzò le relazioni espressive interne alla famiglia, la mostra ripercorre le storie personali dei due artisti come eredità verbale e visiva da lasciare, al pari di una lettera, alla figlia adottiva.
Scandita da sequenze di frasi e immagini, l’esposizione si riferisce a questioni di carattere culturale e al problema dell’identità. Messico è allora sinonimo di estraneo, lontano ed esotico. Dunque, diverso. E diversità è oggetto dell’installazione omonima al titolo. Un ingrandimento della tipica casa-giocattolo dei bambini, composta da quattro pareti e sormontata da un tetto a falde, è la struttura rovesciata e adagiata al suolo che, da immagine leggera e precaria, si trasforma in lavagna di pensieri sull’adozione. Mentre all’interno delle mura domestiche, come una fiaba, un vinile riproduce il racconto dei due neogenitori nell’avventura adottiva; all’esterno, fraintendimenti e luoghi comuni riflettono il panorama di un’Italia sempre più in stato di retroguardia rispetto al tema dell’immigrazione.
Pareti ancora candide, invece, in Little boxes: laboratorio – condotto dai due artisti nel periodo di apertura dell’esposizione – sullo spazio domestico e sulle relazioni al suo interno. Numerose casette di cartone sono vere e proprie pagine bianche in attesa di esser riempite, o arredate, dalle parole dei bambini di una scuola per l’infanzia che partecipa alle attività educative della fondazione.
Al piano interrato, preludio all’installazione principale, Qui c’è buio perché? è un tappeto luminoso che riporta una delle prime frasi della bambina di due anni di Mocellin/Pellegrini. La frase è scritta sullo sfondo immaginario di un cielo stellato composto dall’unione delle loro tre costellazioni. E il buio è anche l’atmosfera nella quale è immersa la doppia videoproiezione Generalmente le buone famiglie sono peggiori delle altre. L’installazione, lirica e nostalgica, è costruita selezionando e combinando fotografie e filmini preesistenti della coppia e delle rispettive famiglie. Il montaggio alterna immagini a colori e in bianco e nero, cadenzate da suoni e parole tra loro legate in maniera intima e personale.
Dar voce alla propria storia, in fondo, significa riconoscere che “siamo quello che siamo grazie al bagaglio che ci portiamo dietro”, come sottolinea Mocellin nella narrazione. Con la volontà di affrancarsene. Impegnarsi come genitore vuol infatti ancora dire assumersi responsabilità, se non altro con la promessa di non commettere gli errori che ogni genitore commette. Atavicamente.
Le sequenze filmiche danno forma a ricordi e memorie, presenze strutturali dell’intero intervento torinese di Mocellin/Pellegrini. Messico famigliare è così autentico monito di speranza, perché – dopotutto – la famiglia può ancora essere il rifugio dalle crudeltà del mondo.
Scandita da sequenze di frasi e immagini, l’esposizione si riferisce a questioni di carattere culturale e al problema dell’identità. Messico è allora sinonimo di estraneo, lontano ed esotico. Dunque, diverso. E diversità è oggetto dell’installazione omonima al titolo. Un ingrandimento della tipica casa-giocattolo dei bambini, composta da quattro pareti e sormontata da un tetto a falde, è la struttura rovesciata e adagiata al suolo che, da immagine leggera e precaria, si trasforma in lavagna di pensieri sull’adozione. Mentre all’interno delle mura domestiche, come una fiaba, un vinile riproduce il racconto dei due neogenitori nell’avventura adottiva; all’esterno, fraintendimenti e luoghi comuni riflettono il panorama di un’Italia sempre più in stato di retroguardia rispetto al tema dell’immigrazione.
Pareti ancora candide, invece, in Little boxes: laboratorio – condotto dai due artisti nel periodo di apertura dell’esposizione – sullo spazio domestico e sulle relazioni al suo interno. Numerose casette di cartone sono vere e proprie pagine bianche in attesa di esser riempite, o arredate, dalle parole dei bambini di una scuola per l’infanzia che partecipa alle attività educative della fondazione.
Al piano interrato, preludio all’installazione principale, Qui c’è buio perché? è un tappeto luminoso che riporta una delle prime frasi della bambina di due anni di Mocellin/Pellegrini. La frase è scritta sullo sfondo immaginario di un cielo stellato composto dall’unione delle loro tre costellazioni. E il buio è anche l’atmosfera nella quale è immersa la doppia videoproiezione Generalmente le buone famiglie sono peggiori delle altre. L’installazione, lirica e nostalgica, è costruita selezionando e combinando fotografie e filmini preesistenti della coppia e delle rispettive famiglie. Il montaggio alterna immagini a colori e in bianco e nero, cadenzate da suoni e parole tra loro legate in maniera intima e personale.
Dar voce alla propria storia, in fondo, significa riconoscere che “siamo quello che siamo grazie al bagaglio che ci portiamo dietro”, come sottolinea Mocellin nella narrazione. Con la volontà di affrancarsene. Impegnarsi come genitore vuol infatti ancora dire assumersi responsabilità, se non altro con la promessa di non commettere gli errori che ogni genitore commette. Atavicamente.
Le sequenze filmiche danno forma a ricordi e memorie, presenze strutturali dell’intero intervento torinese di Mocellin/Pellegrini. Messico famigliare è così autentico monito di speranza, perché – dopotutto – la famiglia può ancora essere il rifugio dalle crudeltà del mondo.
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Ottonella Mocellin & Nicola Pellegrini – Messico Famigliare
Fondazione Merz
Via Limone, 24 (Borgo San Paolo) – 10141 Torino
Orario: da martedì a domenica ore 11-19
Ingresso: intero € 5; ridotto € 3,50; gratuito ogni prima domenica del mese
Info: tel. +39 01119719437; fax +39 01119719805; info@fondazionemerz.org; www.fondazionemerz.org
[exibart]
Non male la dedizione di questi due ex artisti singoli, e ora uniti in una famiglia (con tanto di adozione). Questo progetto mi convince. Quando erano solamente uniti mi sembrava un semplice 1+1. Ora estremizzando le cose 1+1 fa almeno 3, o anche 3,5.
ma stai zitto che dici solo ca**ate, non entri mai nel merito di un lavoro o della testa di un artista.
Sempre a scrivere “secondo me”, “io credo”, “mi convince”, “non mi convince”, come se tu fossi un metro di paragone.
Dovresti comprendere che finchè non ci illustri i tuoi meriti il tuo “mi convince” o il tuo “non mi piace” non conta un ca**o.
Quindi da nullità anonima quale ti piace essere, devi ogni volta illustrare i tuoi giudizi con un ragionamento universale, che dia supporto e anima al tuo pensiero anonimo.
bel progetto. complimenti
Sono convinta anch’io che sia un ottimo progetto, andrò a Torino prima possibile.