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Fino al 28.II.2016 | Adrián Villar Rojas, Rinascimento | Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino

di - 23 Febbraio 2016
Il codice utilizzato da Adrián Villar Rojas è altisonante: “Rinascimento”.
L’artista argentino interpreta una gloriosa stagione dell’arte attraverso rimandi e personali punti di contatto. Con quest’ultima monumentale installazione, presso la fondazione Sandretto Re Rebaudengo, ricrea un panorama antidiluviano, rappresenta un paesaggio remoto dove ogni forma di vita è in uno stato di decomposizione già avviato, lasciando alla polvere ogni giustificazione.
Novantotto pezzi provenienti da un deposito della Turchia, che può contenerne diverse migliaia: rocce, legni fossili, scarti di calchi, appositamente scelti dall’artista e trasportati sin qui da almeno nove tir: sono le basi per le sue composizioni biologiche, sono crepacci e fessure dove albergano nature dimenticate. Ortaggi e strumenti da lavoro: verze, zucche divorate dalle muffe, melograni impreziositi da gioielli, accette ricoperte di ruggine; e poi, coralli, uccelli, pesci, farfalle e le immancabili scarpe. La natura dell’effimero si scaglia nella sciagurata morsa di ciò che rimane sulla superficie terrestre. Le scarpe, elemento ricorrente, tracciano la sua dimensione itinerante, l’abbandono di uno spazio per la riconquista di uno immateriale, da ricostruire di volta in volta, in un contesto diverso. Difatti, l’ambiente ospitante, seppur stravolto, diventa un piano di lavoro fondamentale per un artista che si definisce un nomade stanziale. Difficile trovare un punto di riferimento in questa zona sciagurata, in questa terra emersa da un oceano, tuttavia, sono molteplici le analogie e i punti di contatto con il modus operandi di alcuni artisti rinascimentali, ed in particolare Michelangelo. La sua predilezione per la scultura lo porta a produrre opere gigantesche come gli enormi corpi michelangioleschi; lo stravolgimento degli ambienti è tipico di una pittura rinascimentale che lavora sullo spazio, così come la potenza espressiva delle immagini. Non ultimo lo stupore. Principio cardine della pittura manierista è la condizione presente in tutte le opere dell’artista. Con il suo intervento, lo spettatore inizia un viaggio apocalittico dai toni antichissimi, percependo la stessa meraviglia che potrebbe percepire d’innanzi all’ossessione anatomica di Michelangelo, osservando la Madonna atletica e muscolosa del Tondo Doni (1504 – 1507).
La sua forza sta non nel rincorrere l’estetica idealizzata del rinascimento, ma nel dar valore alla bellezza desolante antecedente la rinascita.

Il suo lavoro si basa su elementi puri: luce e tempo.
L’opera viene illuminata dalla luce naturale, la luce di gennaio, fioca e fredda, filtrata dalla nebbia esterna, nella maniera più naturale possibile, e solo due fari da sinistra verso destra bagnano di luce parte dello spazio, illuminano nature morte sotto un’apparente cristallizzazione, illuminano scintillanti pesos posizionati sulle ali degli uccelli e sulle rocce come se fossero un vero e proprio sacrificio agli dei. Luce che, contrariamente al volere dell’artista, viene accesa per motivi di sicurezza con il calare delle tenebre.
La temperatura è fredda. L’artista ha voluto che l’istallazione rispecchiasse tutte le caratteristiche climatiche del luogo in cui è ospitata, senza alcuna modifica, neanche minima. Ed è per questo che per Adrián Villar Rojas il mondo non sarà mai un artificio. Il fatto che faccia freddo ha aiutato la conservazione di alcuni elementi biologici, e soltanto quando cederanno a loro stessi lo staff avrà la possibilità previa fotografia e documentazione di sostituirli.
Prima personale dell’artista argentino in Italia, l’installazione è realizzata in occasione del ventennale della fondazione. Circa quarantacinque giorni di lavoro con il sostegno di un’equipe formata da dieci collaboratori, con un’indagine che parte dall’insediamento dell’artista nel capoluogo piemontese da cui è nato il progetto.
Ogni supporto esplicativo funzionale alla lettura della mostra è stato rigorosamente eliminato. Didascalie, cataloghi, bookshop, comprese le pareti divisorie che originariamente sezionavano lo spazio. Annullate.
Quest’operazione artistica, sicuramente potrà essere annoverata tra le più importanti degli ultimi mesi, se non tra le più imponenti: il peso degli elementi è percepibile anche visivamente, rende le sostanze organiche ancora più statiche evidenziando le basi minerali. Virtuosismi barocchi e intensità scenica, sono rimandi alla pittura del seicento, ripresentati in un mondo senza forze, in una natura che fu ricca e poi marcescente. Per quanto Adrián Villar Rojas ci offra una natura per nulla generosa, la sua ricerca rivela la poetica degli elementi organolettici abbandonati, lo sfiorire dei tessuti che lentamente perdono vigore e brillantezza, in quel che luce e tempo richiamano alle composizioni caravaggesche. La stessa vibrazione e vividezza. La stessa intensità e contemporaneità ipnotica. Adrián materializza la stagione decadente in atto, raduna le nostre angosce in un unico paesaggio rivelando la perfezione della natura anche nei suoi segni di disfacimento. Le assonanze sfumano quando, alla fine del viaggio, ci si rende conto che l’ambita perfezione anatomica è un’organicità morente, e l’uomo del cinquecento, posto al centro dell’universo, qui è un animale smarrito tra i resti di una terra annientata dal tempo.
Adrián Villar Rojas celebra il lato oscuro del rinascimento, il suo tormento, la sua bellezza.
Rino Terracciano
mostra visitata il 3 gennaio 2016
Dal 4 novembre al 28 febbraio 2016
Adrián Villar Rojas
Rinascimento
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Via Modane 16 – 10141 Torino
Orario: giovedì ore 20,00 – 23,00 ingresso libero
Venerdì – Sabato – Domenica ore 12,00 – 19,00
Info: +39 0113797600 info@fsrr.org  www.fsrr.org

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