Tutto ciò che contraddistingue la produzione scultorea di Medardo Rosso (Torino, 1858 – Milano, 1928) -dalla grande attenzione per l’atmosfera, intesa come impressione scenografica, alla materia mutevole resa viva e vibrante- rappresenta un’assoluta novità per la sua epoca. Se è vero che nei lavori degli inizi sono rintracciabili gli influssi di Giuseppe Grandi, è anche insindacabile che egli riesce a spingersi ben oltre, fino a meritare di essere considerato l’iniziatore per eccellenza della scultura moderna.
Realizzato nella sala adibita alle esposizioni temporanee, l’apprezzabile allestimento torinese consente, il più delle volte, immediati e stimolanti confronti tra diverse versioni del medesimo soggetto. A tal proposito sono significative le varianti de La portinaia (1883-4), la cui protagonista -come riferisce lo stesso artista- è la portiera della sua abitazione milanese di via Montebello, o quelle del Malato all’ospedale (1889) -legate all’esperienza del ricovero parigino al Laborisière- e ancora, Rieuse (1890) o Uomo che legge (1895).
Disparità pregnanti non sono ravvisabili unicamente in virtù dei materiali impiegati (perlopiù bronzo e cera), ma anche in relazione a dimensioni e fattezze. Così accade per Il birichino (1881-2), ispirato probabilmente dal volto di un giovane aiutante di studio, una fra le opere più gradite al pubblico e perciò maggiormente riprodotte.
Con più di sessanta pezzi rappresentativi dell’intera carriera di Rosso, alcuni dei quali inediti, questa costituisce la retrospettiva più completa dedicata fino ad ora al maestro. E’ introdotta da piccole e pregevoli figure che rivelano alcune caratteristiche in comune con i lavori di Grandi e Auguste Rodin (Il cantante a spasso, 1882; Gli innamorati sotto il lampione, 1882-3).
Ragguardevoli sono le implicazioni psicologiche di opere come Bambino ebreo (1892) e Aetas aurea (1886), capolavoro –quest’ultimo– che pare ritragga “la moglie dello scultore in atto di baciare il figlioletto Francesco” (Borghi, 1950), sottende un legame sorprendentemente carnale tra madre e pargolo e restituisce una tensione emotiva più che palpabile.
Al fine di fornire un’immagine più completa dell’autore sono raccolti anche una decina di disegni, alcune sculture di gusto classico e un discreto numero di piccole stampe originali che documentano la sua ricerca in campo fotografico (in merito, il testo di Carlo Bertelli pubblicato in catalogo offre interessanti spunti di riflessione).
Integra la mostra una breve sezione –tutt’altro che esaustiva, purtroppo– dedicata ad artisti quali Boccioni, Brancusi, Matisse e Picasso, che entrano in rapporto con Rosso o che in qualche modo sono influenzati dal suo approccio del tutto innovativo.
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Sono assolutamente d'accordo, Roberto! Non mi capacito neppure io, in realtà...
mi chiedo e chiederei alla brava critico che ha recensito questa mostra il come mai m. rosso è così e da sempre un tantino sottovalutato? da quando ebbi modo di vedere alcune sue opere ho considerato il nostro un grande della storia dell'arte..e non mi capacito circa la detta sottovalutazione..
roberto
certo sonia è triste ma va così..alcuni valutati fin troppo...altri che meritano..ma questo vale anche per alcuni movimenti artistico/culturali... cmq grazie per aver risposto..
roberto
ps: se ti va visita pure il mio sito e/o la mia pagina..un tuo commento mi sarà prezioso..
Molto volentieri! A presto.
Salve a tutti - qcuno avrebbe voglia di visitare o ri-visitare la mostra con me?
Marco