Eroi in bronzo o annodati con la corda, filiformi e longilinee sculture che guardano a
Giacometti. Ma si tratta di un riferimento sottile, poiché l’essenza delle opere, nella loro formale similitudine, si rivela antitetica nel sostanziale accorparsi della materia: plasmata a tocchi nervosi e alla fine umana e consumata l’una, estremamente misteriosa ed eterea, quasi aliena, l’altra.
All’ombra della cupola del
Guarini, gli
heroes appaiono stranamente rilassati. In cima a una scala blu in ceramica, che potrebbe ricordare un rivoluzionario tempio Maya progettato da
Gabetti & Isola (architetti amanti del blu accostato al cielo), troviamo una creatura in bronzo, esile, riflessiva e sola. Come sola e appagata appare quella appoggiata al ramo raccolto dal ciglio di una strada, trasformato in bronzo e ricollocato al proprio posto. Più che una classica scultura, sembra un’entità fuggita dall’Area 51 vicino a Las Vegas e planata per osservare dall’alto l’interno della galleria.
Queste nuove opere non appaiono più in equilibrio precario. Anzi, fiere ed erette alla sommità di simbolici elementi, dominano e ostentano una sicurezza assente fino a oggi nel lavoro di
Alex Pinna (Imperia, 1967; vive a Milano). Anche le torri di corda, avvolgendosi virtualmente intorno a un perno centrale, indicano una costruzione salda, un ritorno sul proprio pensiero,
una fiducia e una forza che sostiene e permette a chi le sormonta di concentrarsi e fermarsi a riflettere.
Solo dalle grandi tele esposte a Milano -di cui possiamo ammirare i disegni a Torino- trapela un certo disorientamento nel vagare dell’unico personaggio dei fumetti presente in mostra. Cammina a capo chino, triste e meditabondo e, filosoficamente parlando, torna alla mente la coscienza infelice di Hegel, che è quella che non sa di essere tutta la realtà e che perciò si ritrova scissa in differenze e conflitti da cui è internamente dilaniata. Principio severo che, ribaltato sulla tela di Pinna, si sdoppia se non triplica nella semplice sagoma del gatto Felix. In un immaginario comune, calpesta imbronciato quella “goccia di luce” o sfera lunare, bianchissima vista dalla terra, nerissima vista dall’Io del celebre fumetto.
Il nero indubbiamente rappresenta la realtà, e l’artista probabilmente ne è consapevole. Ma non è compito suo allargare alla moltitudine la prospettiva in soggettiva della posizione di Felix, che appare quindi in trasparenza in un altro dipinto sul limite dello sfondo cupo, la cui campitura si trasforma in venature gocciolanti.
Trapela la volontà di comunicare uno stato d’animo inquieto e la difficoltà di comprendere il contingente. Un controllo comunque recuperato dagli
heroes che, dall’alto, in una posizione di privilegio, osservano lontano. Elevarsi, primeggiare o almeno resistere il più a lungo possibile è sicuramente un tentativo di condizionare il futuro. Per rendere una testimonianza del proprio vissuto.