A tre anni dalla prematura scomparsa di
Giorgio Cigna (Biella, 1939-2005), la prima mostra antologica in ricordo dell’artista non poteva che essere ospitata nella sua città natale. Una vasta produzione la sua, in cui emerge la sperimentazione dell’arte come caratteristica pregnante. Un artista in cui si percepiscono gli influssi del surrealismo e delle neo-avanguardie, elementi che si fondono nella peculiarità dei materiali scelti per la narrazione. La materia plasmata diventa pura rappresentazione, in grado di trasportare nelle pieghe del mondo.
Cigna esordisce con materiali innovativi: nel
Falciatore, ad esempio, viene miscelata la sabbia ai pigmenti. I colori paiono avvicinarsi ai cromatismi della terra. Una serie di figure geometriche si compenetrano. Il moto è l’essenza che pervade quest’opera.
Nudo e
Senza titolo sono realizzati sul finire degli anni ‘50. Entrambi i dipinti raffigurano il corpo nudo di una donna in posa per essere ritratta. Nel primo, la figura in ombra pare assurgere all’artista stesso, intento a fissare la donna sulla tela. Nel secondo, la donna è in lontananza: le braccia cingono il corpo in un gesto che appare drammatico.
Gli oggetti si geometrizzano, si ripetono, acquistano predominanza. La continuità stilistica con queste opere è ancora percepibile in
Basta (1960), in cui emerge però un intento politico. In
Isola di Bikini, un pulcino è raffigurato mentre becca un volto dai tratti angosciosi di una creatura che giace inerme, vittima degli esperimenti nucleari. Il contrasto fra la morte e la vita è riassunto nel dialogo dell’uomo col mondo. Una continuità indissolubile. Inevitabilmente, le conquiste tecnologiche, se sfuggono al controllo, portano al deterioramento dell’ambiente e a drammi sociali.
In
Cameriere e in
Abbraccio (1963) i cromatismi si affievoliscono, i contrasti divengono tenui, tramutandosi in un sussurro appena percepibile. Compaiono creature irreali, appartenenti ad altri mondi. In
Passanti, uno di questi esseri viene calpestato, ignorato. Il suo volto tragico rievoca l’
Urlo di
Munch.
Gli anni successivi vedono un’intensa produzione, dove il collage diviene il canale di comunicazione più idoneo per descrivere il malessere collettivo. Dai riporti fotografici alle incursioni in pvc, la composizione acquisisce tridimensionalità. Le creature emergono in tutta la loro plasticità, divengono tattili. In contrasto con la molteplicità dei volti umani e gioiosi che appaiono soggiogati dalla quotidianità.
Degli anni ‘80 è significativo il dittico
Sul filo, dove in una campitura nera fanno incursione piccoli animali, definiti dall’artista “
muschìn, corpuscoli dipinti, polimaterici, di esseri che appartengono a un microcosmo sconosciuto. In
Circolazione Caotica, minuscole forme di vita si muovono nello spazio. Apparentemente uguali, sono in realtà esseri unici. Diversi l’uno dall’altro. Fra i materiali usati per quest’opera vi sono fiammiferi, sabbia, puntine. Ma il ready made non è un’incursione casuale: il concetto finale è voluto, carpito dal reale.
Numerose sculture realizzate negli anni ‘80 completano la mostra. Le serie delle
Meduse e delle
Germinazioni sottendono il significato della vita. In altre composizioni, l’attenzione è volta al paesaggio.
L’arte di Cigna non è Kitsch; utilizzando l’insegnamento di Heidegger, si può affermare che è in grado di trasportare un mondo. Che risulta, però, essere irrimediabilmente compromesso.