Esiste un confine così netto tra arte pura e decorazione, tra arte e ornamento?
Decorazione non è sinonimo di figurazione, eppure sono entrambi termini che la critica e la storia dell’arte troppo facilmente tendono ad utilizzare per indicare una superficialità di contenuto e una leggerezza di intenti nel proporre opere e manufatti.
Il tema proposto dal Miaao, il Museo Internazionale di Arti Applicate di Torino, con la mostra Sphaerula vagula, punta ad evidenziare le contraddizioni in loco e intende riproporre il rapporto tra pittura e decorazione, tanto contestato quanto impronunciabile nel secolo scorso. E lo fa attraverso la testimonianza di due artisti: un intellettuale e storico pioniere a livello internazionale, Luciano Lattanzi (Carrara, 1925), isolato promotore di nuove sperimentazioni e studi legati al linguaggio semantico in ambito pittorico sin dagli anni Cinquanta; e un torinese di quarant’anni più giovane, Mauro Gottardo (Bardonecchia, 1965), che con i suoi lavori va ben oltre qualsiasi forma di apparenza, stupendo e spiazzando l’osservatore.
Per Hegel l’ornamento è il sintomo di uno smarrimento, mentre per Loos è propriamente un delitto. Achille Bonito Oliva a tal proposito in un saggio scrive: “La decorazione è il segno di uno stile che trova nell’astrazione e nella ripetizione di motivi il modo per creare un campo di fascinazione e di indeterminatezza che non vuole imporre il proprio senso.”
E ancora: “Il frammento e l’ornamento sono il sintomo di un’estasi della dissociazione e di un desiderio di continua mutazione. L’opera diventa il punto di confluenza degli spostamenti della sensibilità. Ma la sensibilità non esclude l’emozione della mente, non taglia fuori la tensione dell’intelligenza e della cultura.” Frammentazione, astrazione e pura associazione di segni per superare un momento di crisi storica e culturale.
Nel dopoguerra Lattanzi si isolò in un momento in cui agire da soli poteva apparire discriminante e troppo “borghese”. Tra le altre iniziative appoggiò gli studi della psicologa e pedagoga Rhoda Kellog relativi agli scarabocchi dei bambini scoprendo una ventina di “gesti di base o primari”. Nacque così la “pittura semantica”, i cui principi vennero da questo artista diffusi in un Primo Manifesto Semantico a Londra e in un Secondo a Francoforte. L’uso della penna a sfera “errante” contraddistingue i suoi lavori esposti al MIAAO, virtuosismi decorativi che ricordano l’arte bizantina e riconducono ad archetipi primigeni.
L’uso di questo strumento lo avvicina a Mauro Gottardo, specializzato nelle più svariate tecniche tipografiche, letterato autodidatta e misterioso personaggio che disegna su carta riciclata, o sui rifiuti (come ama definire alcuni originali supporti utilizzati), per esempio le buste di radiografie ospedaliere. I soggetti sono i più vari: simula le tecniche di stampa con l’uso di una penna a sfera, a volte invece ricorre ai metodi tipografici più antichi per ottenere il risultato voluto. Inquietanti i suoi rotoli, lunghe strisce di fogli accostati in cui la ripetizione di un soggetto non è mai fine a se stessa. Sulla parete opposta colpisce Il capriccio del perverso, titolo tratto dal romanzo di Edgar Allan Poe, curatissima grafica caratterizzata da “diagrammi di flusso” con tasselli di immagini, alcune decisamente raccapriccianti, accostate a numerosi riferimenti culturali.
Un discorso a parte meritano gli Scotchages, non esposti alle pareti ma conservati come reliquie in grandi cartelline, perché non attinenti al tema della mostra e perché densi di immagini che potrebbero “disturbare”. Si tratta di mosaici composti da infiniti tasselli regolari strappati mediante l’uso dello scotch dalle più svariate riviste. Il risultato è destabilizzante, l’ordine all’apparenza casuale di queste cellule rapisce, e scrutando tra decine di dettagli della medesima tipologia si scopre il tassello stonato, che, come un urlo, un allarme o un monito, a volte chiarisce, a volte spaventa.
barbara reale
mostra visitata il 14 luglio 2007
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