Alla sua prima personale da Tucci Russo,
Robin Rhode (Cape Town, 1976; vive a Berlino) presenta un insieme di opere dal titolo
Promenade. Notevole il video proposto: una sequenza d’immagini in perfetta simbiosi con la melodia al pianoforte che ne tratteggia la colonna sonora. Sono fotografie scattate utilizzando come sfondo una parete della galleria. Rhode interpreta un elegante mimo in stile anni ’30, che interagisce con cristalli a forma di rombo che invadono la superficie grigia, rettangolare, intagliata sullo sfondo scuro.
I movimenti della performance paiono scanditi su un invisibile pentagramma, che si concretizza in un’intensa poesia da osservare. Si cerca il significato, una chiave di lettura adeguata. E si scopre che diventa superfluo, sforzo vanificato dalla misura dello spazio che si codifica da sé, modificandosi di fronte ai nostri occhi. Simile a un processo antropico che moltiplica l’unità geometrica fino alla totale occupazione dello schermo, sull’onda di un magnetismo alieno al soggetto ma riconosciuto dal ritmo ordinatore della musica.
Questa è l’unica “
scienza” su base empirica che, filtrata dal cervello, può trasformare la percezione in esperienza spirituale. L’aspirazione di Robin Rhode è quella di trasformare il segno grafico in nota musicale, intento non totalmente riuscito nei grandi dipinti, meno originali del video, in cui dominano le sfumature del grigio con variazioni geometriche, fasci di luce e i caratteristici tratti speculari col gesso. Suggestivo l’allestimento di questi imponenti lavori, sospesi e allineati perpendicolarmente all’ampia copertura a shed, a creare virtuali corridoi in bianco e nero in cui scoprire i segni dell’artista.
Con
Alfredo Pirri (Cosenza, 1957; vive a Roma), che occupa nuovamente le sale di Torre Pellice, si entra in una dimensione in cui la trasparenza, la proiezione luminosa e un diffuso ritorno del colore rosso offrono una suggestiva visione in cui, attraverso la sperimentazione di fenomeni fisici, si riproducono effetti ottici e bagliori naturali.
La serie dei
Canti si caratterizza dalla presenza di grandi coni ottenuti ora con un calco di una pellicola cinematografica che si immagina proiettarsi all’infinito, ora con questa stessa che, attraverso un fascio luminoso, si sdoppia a creare una clessidra in cui nella parte virtuale sottostante la mano dello spettatore viene inglobata e trasformata anch’essa nella materia luminosa. In
Giardino Fatato, un parallelepipedo composto da diversi piani di plexiglas è colmo di piume che si muovono al diffondersi di un bagliore rosso che si trasmette all’interno.
In mostra anche i disegni preparatori per le recenti installazioni pubbliche relative al progetto
Ultimi Passi-Foro di Cesare, Roma 2007.