Due sale interamente dedicate alle opere di
Tony Cragg (Liverpool, 1949). La precedente mostra
Tony Cragg 1985-1998 rimane allestita con l’intento di fornire all’osservatore uno sguardo d’insieme sul percorso storico dell’artista. Si tratta di cinque opere fra le quali
Calcium Strata (1987) e
Clear Glass Stack (1999) rappresentano l’evoluzione di una precedente scultura,
Stack (1975). Allo stesso modo, l’opera in gesso
Early Form (1998) funge da elemento di continuità: attraverso di essa prende vita la nuova fase che porta Cragg a realizzare sculture in cui il concetto di forma prende vita dal movimento di cerchi intorno a un asse.
Partendo da queste premesse, le opere presenti nella sala dedicata alla nuova mostra
Sculptures and Drawings incarnano e sviluppano questa nuova poetica. Sono tre sculture nelle quali è evidente la metamorfosi di forme irrazionali.
On a Roll (2003), in bronzo, partendo dalla forma di una bottiglia -della quale sono riconoscibili soltanto gli estremi-, tende a una curvatura indistinta in cui l’oggetto come tale rimane appena percepibile.
Constructor (2007), realizzata in legno, è una scultura capace di estasiare per la suggestiva morbidezza delle sue curve.
La metamorfosi prende vita dalla figura umana, che si evolve trasfigurandosi in un’empatia di articolazioni, riprendendo l’intento dei
Rational Beings. Infine,
Making sense (2007), in fibra di vetro, rappresenta i sensi e fa riferimento al contempo all’intelletto. Sulla parte frontale e su quella posteriore emergono due protuberanze: il futuro e la memoria.
Infine, una trentina di disegni a matita su carta, molti dei quali riconducono ad alcune delle sculture in mostra, pur non trattandosi di veri e propri schizzi preparatori.
Di
Paolo Piscitelli (Torino, 1971) sono presentati due video.
Some Prefer Nettles è già stato allestito al Mlac, ma in quest’occasione è proiettato su un’unica parete. Nella videoproiezione, come ombre le ortiche ricoprono gli spazi bianchi, facendo diventare il vuoto semplice contorno. La crescita insidiosa di queste piante considerate infestanti ha una duplice funzione: se da un lato può sembrare soffocante, dall’altro invita a riflettere sulla quotidianità. Le ortiche trovate per caso ai bordi di un campo, da cui è scaturita l’idea del video, incarnano infatti la metafora della vita che si manifesta ai margini. Le ortiche hanno inoltre proprietà terapeutiche, quindi il loro apparente ruolo negativo si tramuta in positività. Quasi come se avessero la funzione di curare lo spirito.
Il secondo video,
Labor #3, riprende
Platonic 5, installazione esposta precedentemente sempre da Tucci Russo. Anche in
Labor #3, infatti, la forza creativa dell’artista è gettata sull’opera. La performance inizia con l’immagine di una superficie ancora da lavorare, liscia. Le mani incominciano a modellare l’opera, che rimane anonima. Non è importante generare una forma dalla terracotta, quanto insistere sul concetto esplicito e fondamentale del lavoro.
L’energia sprigionata dall’attività delle mani che plasmano. Nelle immagini che si susseguono, dalle quali emerge la forza interiore, la capacità dell’uomo di agire sulla materia, è implicito il riferimento al tempo. Come evento che trascorre.