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L’acqua del fiume avvolge il poeta come l’onda dei ricordi, ed egli riconosce di essere costituito di tutti i luoghi che ha attraversato”. La citazione di Ungaretti pare adeguata a introdurre la descrizione di un nuovo spazio, collocato in uno dei punti più suggestivi di Torino, un isolato dietro Piazza Vittorio, la più grande d’Europa. Si attraversa il corso e ci si affaccia sul Po, nel punto in cui le acque si colorano di verde grazie a lievi salti di livello, la vegetazione si differenzia più libera e la Gran Madre e il colle della Maddalena si stagliano nella loro prospettiva migliore.
Norma Mangione ha scelto di fermarsi qui e di trasformare il piano terra di una storica palazzina in un luogo di produzione e ricerca. La prima artista con cui si confronta è
Ruth Proctor (Gran Bretagna, 1980; vive a Londra), presente all’ultima edizione di Artissima fra i nuovi talenti, giovane e con uno spiccato interesse per la musica, la danza e il teatro.
La galleria si compone di due sale. La prima, molto ampia, è caratterizzata da un pilastro centrale che origina un sistema di archi voltati, motivo d’ispirazione per l’installazione
Four dances: q
uattro cerchi in metallo che accompagnano la curvatura del dorso dell’arco e si librano nello spazio come misura ideale del corpo dell’artista.
Proctor indica l’armonia fra il ritmo del suo sentire e la disposizione delle opere nell’ambiente. Musica e geometria ovunque nello spazio, il cerchio e il triangolo appaiono sulle pareti, intagliati nei suoi acquarelli fra nuvole in movimento o disposti su vecchie custodie di 45 giri, a ricomporre modulari triangolazioni che, con sapienza, vengono poi trasformate in effetti caleidoscopici nel video, centro dell’opera.
Delicati e poetici gli interventi sulle pagine di un antico pentagramma, che si anima di materia trasparente per divenire un’entità altra, oppure un’assenza importante, nel cerchio vuoto, dove le righe sono state sottratte. Ogni elemento esposto richiama una citazione, conferendo alle installazioni una fruizione fotografica: lo sguardo coglie l’inquadratura esatta, perpendicolare al foro dei dischi in vinile, e il cervello lo ribalta sull’immagine vicina, donando la giusta prospettiva, come una reflex concettuale.
Processo che avviene anche nella summa di tutta questa danza di rimandi: il video in bianco e nero su pellicola 16mm, graffiata anche manualmente, ad aumentare il fascino di uno stile in cui le suggestioni sono molteplici. Tutti gli oggetti esposti si alternano, nelle inquadrature, alle coreografie di alcuni ballerini di fronte al prospetto di un’imponente architettura neoclassica. Le scene scorrono velocemente, oniriche e surreali; sembrano create da un visionario vissuto un secolo fa, e invece la geometria, l’artificio e il caleidoscopio letterale e visivo di sensazioni Proctor lo attinge dalle coreografie di
Berkeley, dall’acutezza di
Resnais, dalla raffinatezza di
Jean Cocteau.
Una
forma mentis che lascia presagire un divenire di sicuro interesse.
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"presente all’ultima edizione di Artissima fra i nuovi talenti"
ma guarda che combinazione? straniero, arriva dalla fiera di torino, chissà chi l'ha consigliato?
una nuova galleria in totale linea con il finto sistema dell'arte. ma è ovvio, è più facile.
Difficile discutere una recensione così completa e complessa, forse dipende dal fatto che la sostanza è indiscutibile.