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26
marzo 2009
fino al 30.IV.2009 Susan Norrie Torino, Giorgio Persano
torino
L’avevamo vista al Padiglione australiano nella passata edizione della Biennale di Venezia. Ora Susan Norrie scende nuovamente in campo italico. Esponendo i suoi reportage con raggelanti ambientazioni kafkiane...
Il fatto ha inizio nel 2006 sull’isola di Giava, a Havoc. Le trivellazioni di una compagnia petrolifera indonesiana provocano l’eruzione di fango tossico da un vulcano che incessantemente, da due anni a questa parte, sta causando la morte e la scomparsa d’interi villaggi.
Susan Norrie (Sydney, 1953) testimonia l’evento, accompagnata da una troupe di collaboratori (video, suono, montaggio, interprete), e realizza un modello di lavoro sperimentale, in cui diversi punti di vista rendono palpabile la metafora di ciò che sta inevitabilmente accadendo nel mondo per mano dell’uomo.
Un video a colori è proiettato su una parete intera della galleria, in formato cinematografico: la grana della pellicola diventa parte integrante del prodotto. Vengono ripresi gli uomini del luogo mentre si aggirano come formiche lungo le creste e le pareti interne della caldera e instancabilmente, con strumenti improvvisati, tentano, come in una danza, di soffocare i vortici dei fumi. La connotazione mistica di questo rituale è forte; la telecamera portata a spalla si muove velocemente, spiando gli uomini anche nel corso di riti della tradizione locale, che mirano, attraverso lo stato di trance, a entrare in contatto con gli spiriti divini.
Il secondo video, proiettato in medio formato, raffigura un uomo di spalle sul monte Bromo. Tiene abbracciato un agnellino bianco, che viene lanciato all’interno del cratere come richiesta sacrificale, affinché l’eruzione cessi. Le immagini sono fisse, in bianco e nero, in un lungo piano sequenza. Non c’è suono. Si avverte solo un lieve tremolio dell’immagine, non appena si avvicina il momento del sacrificio. Sembra che tutto sia sospeso, senza fiato; il cielo è metallico, denso e corposo. Questa è la forza della natura che Norrie vuole immortalare: una nebbia impalpabile che avvolge e paralizza, come paralizzato e impotente sembra essere l’uomo di fronte a essa.
Con Havoc, Susan Norrie trova il modo di manifestare, ora non più con tele a olio ma con immagini fotografiche e video, la sua forte attrazione verso il lato parossistico dell’evento, con l’ambiguità che la contraddistingue. Attraverso immagini quasi esclusivamente meditative, non esprime apertamente giudizi, ma solo i silenzi e un morbido monocromato. Caratteristiche che, sommate tra loro, acquisiscono drammaticità, provocando nell’osservatore un’inevitabile critica verso la condizione rappresentata.
Susan Norrie (Sydney, 1953) testimonia l’evento, accompagnata da una troupe di collaboratori (video, suono, montaggio, interprete), e realizza un modello di lavoro sperimentale, in cui diversi punti di vista rendono palpabile la metafora di ciò che sta inevitabilmente accadendo nel mondo per mano dell’uomo.
Un video a colori è proiettato su una parete intera della galleria, in formato cinematografico: la grana della pellicola diventa parte integrante del prodotto. Vengono ripresi gli uomini del luogo mentre si aggirano come formiche lungo le creste e le pareti interne della caldera e instancabilmente, con strumenti improvvisati, tentano, come in una danza, di soffocare i vortici dei fumi. La connotazione mistica di questo rituale è forte; la telecamera portata a spalla si muove velocemente, spiando gli uomini anche nel corso di riti della tradizione locale, che mirano, attraverso lo stato di trance, a entrare in contatto con gli spiriti divini.
Il secondo video, proiettato in medio formato, raffigura un uomo di spalle sul monte Bromo. Tiene abbracciato un agnellino bianco, che viene lanciato all’interno del cratere come richiesta sacrificale, affinché l’eruzione cessi. Le immagini sono fisse, in bianco e nero, in un lungo piano sequenza. Non c’è suono. Si avverte solo un lieve tremolio dell’immagine, non appena si avvicina il momento del sacrificio. Sembra che tutto sia sospeso, senza fiato; il cielo è metallico, denso e corposo. Questa è la forza della natura che Norrie vuole immortalare: una nebbia impalpabile che avvolge e paralizza, come paralizzato e impotente sembra essere l’uomo di fronte a essa.
Con Havoc, Susan Norrie trova il modo di manifestare, ora non più con tele a olio ma con immagini fotografiche e video, la sua forte attrazione verso il lato parossistico dell’evento, con l’ambiguità che la contraddistingue. Attraverso immagini quasi esclusivamente meditative, non esprime apertamente giudizi, ma solo i silenzi e un morbido monocromato. Caratteristiche che, sommate tra loro, acquisiscono drammaticità, provocando nell’osservatore un’inevitabile critica verso la condizione rappresentata.
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Galleria Giorgio Persano
Via Principessa Clotilde, 45 (zona San Donato) – 10144 Torino
Orario: da martedì a sabato ore 10.30-12.30 e 15.30-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0114378178; fax +39 0114303127; info@giorgiopersano.org; www.giorgiopersano.com
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