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09
luglio 2010
Eva, la prima donna. Eva la disobbediente, responsabile
della perdita del Paradiso e della maledizione del genere umano. Eva madre di
tutti i rimorsi, di quell’infido condizionamento ancestrale che prima o poi va
a stanare anche la coscienza più laica, perché “si trova sempre un ente
supremo nei confronti del quale sentirsi in colpa”. Parole di Marco Cordero (Roccavione, Cuneo, 1969; vive a
Torino), nel cui lavoro a un certo punto “è venuto a incastrarsi” il mito biblico, col suo fattore
disturbante.
Il titolo Sei stata tu va però modulato su due toni: il
primo accusatorio, il secondo attinente alla pura constatazione dello scorrere
del tempo, che muta ciò che è in ciò che è stato, tanto più rapidamente se la
sostanza della forma è intrinsecamente caduca. È infatti in un’emblematica mela
che l’artista scolpisce i tre volti della donna nata dal fianco di Adamo,
ispirati ai progenitori di Masaccio e alle iconografie della Cappella Sistina.
Materiale naturalmente destinato a un veloce
deterioramento: la polpa si dissecca, fioriscono le muffe, con una resa
sottilmente ripugnante, come certe polverose statue nelle cappelle dei Sacri
Monti, dove alita cavernoso il memento mori. Similmente, l’effimera bellezza
s’incartapecorisce dinanzi allo specchio impietoso.
Un processo inarrestabile, sciolto da imperativi
escatologici, che Cordero dapprima documenta attraverso un sistematico
reportage fotografico (tre scatti al giorno, per monitorare i diversi stadi di
un disfacimento che l’autore stesso lega idealmente “alle mani tremanti dell’ultimo
Tiziano”), infine
eterna nel bronzo, riportando così l’opera al punto di partenza, cioè
nell’ambito della pratica plastica.
Importante il basamento: libri intagliati e disposti
secondo una geometria precisa, dalla quale scaturisce non già la traduzione
stilizzata di un paesaggio, ma il suo astratto simulacro. Doppia la
trasgressione: “aggressione” a un oggetto di culto (la letteratura, che – dice l’artista, citando Martin
Amis – “rispetto alle fedi convenzionali, offre qualcosa di tangibile da venerare”); e infrazione tecnica: “Qualsiasi
intagliatore prenderebbe a mazzolate il proprio apprendista se osasse toccare
con uno scalpello la carta, tra i materiali più temuti dall’affilatura. Le
azioni blasfeme si annidano ovunque”.
In questo lunare tappeto di coste e copertine nascoste
(una cinquantina di volumi, tra cui il Purgatorio dantesco, un’edizione francese
de La cognizione del dolore di Gadda, Il deserto dei Tartari di Buzzati, i racconti di
Hemingway, Mattatoio n° 5 di Vonnegut), emergono episodicamente squarci di parole,
non aforismi o perle di saggezza, ma trabocchetti resi ancor più insidiosi
dalla decontestualizzazione. Una frase, un rigo appena, a volte deflagrante: “La
colpa originale: il pensiero”.
della perdita del Paradiso e della maledizione del genere umano. Eva madre di
tutti i rimorsi, di quell’infido condizionamento ancestrale che prima o poi va
a stanare anche la coscienza più laica, perché “si trova sempre un ente
supremo nei confronti del quale sentirsi in colpa”. Parole di Marco Cordero (Roccavione, Cuneo, 1969; vive a
Torino), nel cui lavoro a un certo punto “è venuto a incastrarsi” il mito biblico, col suo fattore
disturbante.
Il titolo Sei stata tu va però modulato su due toni: il
primo accusatorio, il secondo attinente alla pura constatazione dello scorrere
del tempo, che muta ciò che è in ciò che è stato, tanto più rapidamente se la
sostanza della forma è intrinsecamente caduca. È infatti in un’emblematica mela
che l’artista scolpisce i tre volti della donna nata dal fianco di Adamo,
ispirati ai progenitori di Masaccio e alle iconografie della Cappella Sistina.
Materiale naturalmente destinato a un veloce
deterioramento: la polpa si dissecca, fioriscono le muffe, con una resa
sottilmente ripugnante, come certe polverose statue nelle cappelle dei Sacri
Monti, dove alita cavernoso il memento mori. Similmente, l’effimera bellezza
s’incartapecorisce dinanzi allo specchio impietoso.
Un processo inarrestabile, sciolto da imperativi
escatologici, che Cordero dapprima documenta attraverso un sistematico
reportage fotografico (tre scatti al giorno, per monitorare i diversi stadi di
un disfacimento che l’autore stesso lega idealmente “alle mani tremanti dell’ultimo
Tiziano”), infine
eterna nel bronzo, riportando così l’opera al punto di partenza, cioè
nell’ambito della pratica plastica.
Importante il basamento: libri intagliati e disposti
secondo una geometria precisa, dalla quale scaturisce non già la traduzione
stilizzata di un paesaggio, ma il suo astratto simulacro. Doppia la
trasgressione: “aggressione” a un oggetto di culto (la letteratura, che – dice l’artista, citando Martin
Amis – “rispetto alle fedi convenzionali, offre qualcosa di tangibile da venerare”); e infrazione tecnica: “Qualsiasi
intagliatore prenderebbe a mazzolate il proprio apprendista se osasse toccare
con uno scalpello la carta, tra i materiali più temuti dall’affilatura. Le
azioni blasfeme si annidano ovunque”.
In questo lunare tappeto di coste e copertine nascoste
(una cinquantina di volumi, tra cui il Purgatorio dantesco, un’edizione francese
de La cognizione del dolore di Gadda, Il deserto dei Tartari di Buzzati, i racconti di
Hemingway, Mattatoio n° 5 di Vonnegut), emergono episodicamente squarci di parole,
non aforismi o perle di saggezza, ma trabocchetti resi ancor più insidiosi
dalla decontestualizzazione. Una frase, un rigo appena, a volte deflagrante: “La
colpa originale: il pensiero”.
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anita pepe
mostra visitata il 12 giugno 2010
dal 10 giugno al 30 settembre 2010
Marco
Cordero – Sei stata tu?
a cura di Francesca Solero
41 artecontemporanea
Strada Val
Salice, 9 – 10131 Torino
Orario: da
martedì a venerdì ore 15-19; mattina e sabato su appuntamento
Ingresso
libero
Info: tel. +39 0116604762; fax +39 0116604762; info@41artecontemporanea.com; www.41artecontemporanea.com
[exibart]
Ottima recensione che valorizza la peculiarità della mostra.