In un tripudio di colori ad acrilico e luci al neon si disputa la sfida tra
Marco Lodola (Dorno, Pavia, 1955; vive a Pavia) e
Ronnie Cutrone (New York, 1948; vive a New York e Lake Vahalla). Oggetto del contendere? La musica a 360 gradi, colta nel suo immaginario smaccatamente pop.
Una mostra piacevole, senza pretese intellettualistiche, da consumarsi velocemente. Un po’ come quando si ascolta l’ultima hit musicale in vetta alla classifica e non si sente poi il bisogno di comprarsi l’intero album. Tanto per cominciare, all’esterno della galleria accolgono il visitatore due colossali chitarre Fender, una rosso fuoco e una rosa shocking, strette fra le braccia di due formose signorine, al pari di un contrabbasso o, meglio, di un palo da lap dance, se si coglie l’allusione racchiusa nel titolo
Love me Fender.
Sempre nel suo stile inconfondibile, fatto di grandi composizioni realizzate con lastre colorate di plastica trasparente retroilluminata, Lodola prosegue facendo sfilare le sagome stilizzate ma facilmente riconoscibili di Chet Baker, nero vestito insieme alla sua inseparabile tromba, della voce dei The Cure Robert Smith – dal volto fluorescente, come appare in un video girato da
Tim Burton – e del profilo di Frank Sinatra. Fino a sfiorare il vero e proprio oggetto di design, con la lampada da tavolo a forma di testa di David Bowie e del favoloso quartetto di Liverpool.
“
Mi raccomando, scrivi che sono un elettricista”, ha detto una volta Lodola ad Alberto Fiz. “
Io ho una visione proletaria dell’arte. Mi sento realizzato solo quando manipolo i materiali e attacco fili elettrici che, come per incanto, accendono le mie sculture”.
Cutrone, in questo dialogo a due sulla musica, presenta invece dipinti che sono semplici ingrandimenti su grande scala di celebri copertine di dischi: da
Meet the Beatles! al primo album di Jimi Hendrix e della sua band Experience,
Are you experienced?, fino ai Psychedelic Furs, campioni della decadenza pop anni ‘80. E ancora, il dettaglio del viso di Madonna in
Erotica, seguito dalla rappresentazione del movimento di bacino di Elvis Presley, intento a cantare
Don’t be cruel. Ampie tele sulle quali ripercorrere una fetta di cultura musicale, registrata in maniera didascalica e a tratti sgocciolante da quest’artista italo-americano, assistente di
Andy Warhol alla Factory tra il 1972 e il 1982.
All’esaltazione del glamour spersonalizzato, tendente all’astratto, di Lodola – sottolineato anche nei disegni preparatori per le grandi opere di luce – Cutrone oppone dunque la linearità e l’essenzialità della pennellata grafica, la superficie piatta delle campiture, dove immagine figurativa e immagine scritta contribuiscono a determinarne un’identità ben definita.
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marco lodola e' da vergognarsi.
certo che la serietà di poli regna sovrana...non si guarda in faccia proprio nessuno.
Come sempre, Lodola è inguardabile...
Ma quante cose è Lodola...qui leggo che è un elettricista a me disse di essere un musicista..tra un po' sarà un allenatore di calcio. Quanto a Poli quando certe cose vennero fuori nel clima degli anni '80 ci sputava addosso..mah
comunico che l'artista che andra' in biennale si vendicchia su e-bay e nessuno lo vuole! ahahaha