Fino alla fine di giugno la galleria Giorgio Persano di Torino presenta una mostra di Aldo Ferrara intitolata, come una precedente del 1996, Simili e possibili.
Quattro parallelepipedi si guardano da quattro angoli della galleria. In ciascuno è visibile il supporto interno di legno e una piccola fessura, posta in alto, un’apertura verso l’esterno.
In un’altra sala sono invece esposti due lavori scomposti nei loro elementi costitutivi: il legno, la rete che contiene bozze di progetti accartocciate ed è posta sul muro una fessura, identica a quella presente sulle colonne nelle altre sale, ad indicare che lì ci troviamo metaforicamente all’interno del lavoro.
L’esposizione in generale si configura come un lavoro sullo spazio e su tutte le molteplici coordinate fisiche e ideali che lo attraversano. Dal punto di vista di Ferrara l’opera si configura infatti innanzitutto come concetto e progetto, gioco spazio temporale tra il pensiero e l’esistenza concreta, ad esso successiva. Come accadeva
Se oggi la velocità del pensiero e della comunicazione costruisce reti di senso e significato anche secondo schemi e meccanismi dettati dall’accidentalità del caso, l’opera-cosa di Ferrara si propone in un’apparente staticità, generando un gioco di specchi ed un silenzio fatto di rimandi e differimenti spazio-temporali. Così l’opera si fa esperienza possibile e successiva ad ogni progetto. Diviene capace di generare un movimento ben più radicale e intenso, anche se sottilissimo, che ha luogo al livello delle intuizioni spazio temporali: quelle che costruiscono la nostra percezione e si collocano al di là e al di qua dell’opera stessa.
In tal modo la realizzazione del lavoro si configura come un fare che succede ontologicamente al pensiero, che tuttavia si fa capace di produrlo e riprodurlo infinite volte. Il processo che ha condotto alla realizzazione dell’opera diviene visibile, e ci porta d’un tratto al suo interno: è il concretizzarsi del pensiero, che passa attraverso la materia e si sporca, si accartoccia e si avvolge su se stesso creando il mondo intorno e attraverso di sé.
Come scatole nere della memoria, i parallelepipedi si guardano l’un l’altro e restano apparentemente chiusi e segreti: sono, nelle parole dell’autore, il prima mutato di segno, frutto insieme dell’accumulazione e della dépense del senso. Così, mentre si rivolge indietro, al momento del suo proprio concepimento e al processo fenomenologico che costituisce ogni operare artistico, l’opera è d’un tratto, inaspettatamente, proiettata nel suo proprio futuro.
articoli correlati
Pier Paolo Calzolari, Torino, Galleria Giorgio Persano, luglio 2001
Art Basel 2000
link correlati
giorgiopersano.com
Maria Cristina Strati
mostra visitata sabato 11 maggio 2002
Era ricoverato all'ospedale di Cecina, a seguito delle complicanze di una malattia che lo affliggeva da tempo. Celeberrimo fotografo, icona…
Fino al prossimo 21 aprile, al Museo Mario Rimoldi di Cortina d’Ampezzo, una mostra coloratissima esplora l’estetica Neo Pop di…
Sono protagoniste nella retrospettiva dedicata a uno dei membri più noti del Nouveau Réalisme: le "macchine inutili" di Tinguely riempiono…
Una favola che parla di drammi intimi e ricorre agli stereotipi del melodramma, ma rimane agile, nonostante tutto. La recensione…
Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo…
Finalisti, entrambi, di exibart Prize N 4, Valentina Gelain e Bekim Hasaj presentano in Finlandia The Shell Cracked, un ciclo…