Scegliere l’aristocratica palazzina della Promotrice per una doppia personale e riuscire a dominarne lo spazio – vasto, irregolare, dispersivo – tanto da renderlo innocuo e inessenziale, se non al fine di ricondurre all’opera e alla sua grandezza, può determinare il successo di un’esposizione. È quello che si riscontra in quest’occasione, percorrendo i lunghi corridoi e le gravi sale progettate nei primi decenni del Novecento nel lotto adiacente a quello del Politecnico, nel Parco del Valentino.
La mostra di
Camilla (Milano; vive a Parigi) e
Valerio Adami (Bologna, 1935; vive a Parigi) mette in luce un connubio artistico inaspettato e, alla resa dei conti, vincente. È sempre arduo scrivere di una lunga vita intrisa di arte, di viaggi; una vita da nomadi, come sottolinea Michele Tavola in catalogo. Valerio, un pittore filosofo; Camilla, la donna che ha saputo essere sempre presente e, con intelligenza, assente.
Assente negli anni in cui gli è stata accanto, tacendo la sua creatività, assorta in una sorta di ricerca/riflessione che probabilmente ha alimentato la ricca produzione dell’Adami viaggiatore, impegnato ad assorbire i misteri dei luoghi e a trasformarli in rebus in cui i dipinti diventano scrigni nei quali rinchiudere i segreti dell’esistenza. Sempre con un attento sguardo al mondo classico, ove Adami affonda le sue radici di studioso analitico militante, intessendo di profonda e intelligente ironia momenti delicati della storia internazionale.
I noti e inconfondibili dipinti di Valerio si alternano in mostra alle grandi tele di Camilla, e queste suscitano uno stupore continuo. Abile ritrattista (di personaggi quali Jacques Derrida, Italo Calvino, Jacques Dupin, Saul Steinberg, Luciano Berio), supera l’espressione di un disegno di forte matrice accademica, sconfinando in una pittura pastosa e tormentata, ondeggiante ed emotiva, lontanissima dalla razionale e nitida visione del coniuge.
Le opere sono state realizzate a distanza di anni, a evidenziare continui ritorni a una passione che ha seguito una maturazione interiore. Questa si è accompagnata alla consapevolezza che condividere l’esistenza con un artista del calibro di Valerio Adami ha sempre reso implicita una profonda analisi e una rielaborazione d’ogni esperienza. I paesaggi attraversati nei lunghi viaggi esotici si velano di atmosfere arcane e il mondo animale è scandagliato alla ricerca di misteriosi rituali magici.
Oltre cento le opere in mostra e numerose sono quelle realizzate negli anni ’90; in ogni dipinto di Adami lo sfalsamento dei piani, delineati sempre dalla prediletta linea chiusa, evidenzia la simbologia alla base del linguaggio, mentre nella semplicità delle campiture piatte si nascondono i segreti della sua intimità. L’artista disse: “
C’è un vedere fisico e un vedere politico”; e ancora: “
Il ruolo dell’artista è rappresentare il tragico”.
E la tragedia classica si somma a quella politica nella sovrapposizione delle immagini che Adami ha archiviato nel suo poderoso bagaglio culturale, a cui attingere per continuare a raffinare uno stile unico e straordinariamente incisivo.
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adami, da rivalutare! alla base di grandi artisti come montesano.