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01
luglio 2009
fino al 30.VIII.2009 I giovani che visitano le nostre rovine… Torino, Gam
torino
Una mostra estiva, un primo passo che inaugura la gestione Eccher, senza però coinvolgere apertamente il direttore. L’interregno, insomma. Che già dice qualcosa sulla politica a venire...
La collezione permanente è l’anima del museo: si arricchisce nel tempo, grazie alle nuove acquisizioni, sottraendosi al rischio d’una connotazione “auratica”, di una staticità sclerotica. Il patrimonio della Gam di Torino ha una storia importante; ha preso forma lentamente, nel tempo, diventando un organismo vivo, nell’idea di una cultura dinamica che ha sempre saputo guardare a tutte le espressioni dell’arte. Da una riflessione di Jean Cocteau prende corpo e titolo la mostra I giovani che visitano le nostre rovine non vi vedono che uno stile. “Quanto faranno avrà la meglio sul resto e non rassomiglierà a niente”, prosegue il testo.
Il tema, affascinante e attuale, dà vita a un allestimento difficile, certamente di lettura non immediata, il cui filo conduttore è concettuale: il percorso pone a contatto artisti entrati da tempo nella storia e artisti delle generazioni ultime, appartenenti a diverse culture. Ne deriva un confronto dialettico, serrato, di metodiche, di linguaggi, di esperienze formative, di capacità di narrazione; una storia dentro la storia, l’apertura del museo a un dialogo che prevede equilibri provvisori, che necessitano adeguazioni continue al divenire della realtà.
Le opere proposte sono interconnesse, eppure mantengono la loro singolarità, costituiscono un microcosmo che si relaziona con l’ambiente, una sorta di sfida percettiva oltre che concettuale.
Per quanto riguarda gli artisti presenti nelle collezioni, il percorso inizia con due opere di Giulio Paolini risalenti agli anni ’60, che definiscono la messa in crisi dello statuto dell’arte; a seguire, una natura morta di Felice Casorati, il “movimento della vita” di Dadamaino, il recupero della natura di Giuseppe Penone, una forma tridimensionale di Sol LeWitt, la ripetitività sequenziale di Richard Serra, la cultura mummificata di Eliseo Mattiacci, la scultura futurista di Mino Rosso e la metafisica di Alberto Savinio.
A dialogare con queste presenze sono proposte tematiche affini, viste dalla prospettiva della ricerca più recente: allusioni all’inconscio in Francesco Barocco, disegni e segni in Isabelle Cornaro e in Clément Rodzielski, ripetizione e meccanismi di memorizzazione in Simon Dybbroe Moller, trasformazioni linguistiche in Michael Dean, la relazione tra l’impronta del soggetto e la realtà in Florian Roithmayr.
E, ancora, l’idea di scultura composita in Steven Claydon e Thomas Houseago, la complessità iconica in Andrea Buttner, il simbolismo paesaggistico in Salvatore Arancio, la struttura profonda dell’oggetto in Vanessa Billy.
A chiudere, due video: simboli e memoria in Woody Vasulka, manipolazione mediatica in Seth Price.
Nell’attesa che si apra effettivamente il nuovo corso firmato Danilo Eccher, i presupposti sembrano confermare un cambio di rotta. All’insegna dell’intersezione fra collezione e nuove sperimentazioni.
Il tema, affascinante e attuale, dà vita a un allestimento difficile, certamente di lettura non immediata, il cui filo conduttore è concettuale: il percorso pone a contatto artisti entrati da tempo nella storia e artisti delle generazioni ultime, appartenenti a diverse culture. Ne deriva un confronto dialettico, serrato, di metodiche, di linguaggi, di esperienze formative, di capacità di narrazione; una storia dentro la storia, l’apertura del museo a un dialogo che prevede equilibri provvisori, che necessitano adeguazioni continue al divenire della realtà.
Le opere proposte sono interconnesse, eppure mantengono la loro singolarità, costituiscono un microcosmo che si relaziona con l’ambiente, una sorta di sfida percettiva oltre che concettuale.
Per quanto riguarda gli artisti presenti nelle collezioni, il percorso inizia con due opere di Giulio Paolini risalenti agli anni ’60, che definiscono la messa in crisi dello statuto dell’arte; a seguire, una natura morta di Felice Casorati, il “movimento della vita” di Dadamaino, il recupero della natura di Giuseppe Penone, una forma tridimensionale di Sol LeWitt, la ripetitività sequenziale di Richard Serra, la cultura mummificata di Eliseo Mattiacci, la scultura futurista di Mino Rosso e la metafisica di Alberto Savinio.
A dialogare con queste presenze sono proposte tematiche affini, viste dalla prospettiva della ricerca più recente: allusioni all’inconscio in Francesco Barocco, disegni e segni in Isabelle Cornaro e in Clément Rodzielski, ripetizione e meccanismi di memorizzazione in Simon Dybbroe Moller, trasformazioni linguistiche in Michael Dean, la relazione tra l’impronta del soggetto e la realtà in Florian Roithmayr.
E, ancora, l’idea di scultura composita in Steven Claydon e Thomas Houseago, la complessità iconica in Andrea Buttner, il simbolismo paesaggistico in Salvatore Arancio, la struttura profonda dell’oggetto in Vanessa Billy.
A chiudere, due video: simboli e memoria in Woody Vasulka, manipolazione mediatica in Seth Price.
Nell’attesa che si apra effettivamente il nuovo corso firmato Danilo Eccher, i presupposti sembrano confermare un cambio di rotta. All’insegna dell’intersezione fra collezione e nuove sperimentazioni.
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mostra visitata il 20 giugno 2009
dal 17 giugno al 30 agosto 2009
I giovani che visitano le nostre rovine non vi vedono che uno stile
a cura di FormContent
GAM – Galleria d’Arte Moderna e contemporanea
Via Magenta 31 (zona Politecnico) – 10128 Torino
Orario: da martedì a domenica ore 10-18; giovedì ore 10-22 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Ingresso: intero € 7,50; ridotto € 6; gratuito il primo martedì del mese
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 0114429518; fax +39 0114429550; gam@fondazionetorinomusei.it; www.gamtorino.it
[exibart]
domanda tecnica: ma perchè delle opere di proprietà della GAM c’è la courtesy di gallerie private?
Perché quelle NON sono di proprietà della Gam. Rileggi l’articolo, è piuttosto chiaro: fino ad Alberto Savinio si tratta di opere della collezione, le successive no. Almeno fino ad ora.
mica poi tanto chiaro… mi sembrava strano che la GAM acquisisse opere così di ‘tendenza’