Mathew Sawyer (Hammersmith, 1977) è un personaggio versatile: artista in senso ampio, si esprime attraverso il disegno, la pittura, la fotografia, lâinstallazione e la musica. Compone canzoni, si accompagna a
The Ghosts, nome che evoca i fantasmi della memoria, una realtĂ altra, solo intuita, non vissuta, eppure vagheggiata.
Nella sua ricerca si mescolano atmosfere metropolitane, suggestioni e citazioni letterarie in un minimalismo espressivo. Una lattina di birra recuperata e dipinta, un megafono di cartone, una fotocopia sbiadita, due rondini disegnate sotto la suola delle scarpe del vicino di casa. Ogni gesto diventa unâemozione, si carica di intimismo. Sawyer guarda alla realtĂ attentamente, cercando di cogliere particolari semplici, talora rarefatti, sempre autentici, che collega in modo da suggerire lâidea della vita come un carosello variegato e mutevole. Racconta assimilando lâesperienza personale a quella condivisa con gli altri, ogni giorno. Il dettaglio insignificante diventa formativo; il continuo scambio con la quotidianitĂ assume un valore poetico: registrare i battiti del cuore, raccogliere monetine, predisporre un palco per esibirsi, contestualizzare in modo opportuno un bicchiere di carta, fa parte di un inesauribile repertorio.
Collezionista di indizi, disposti in modo apparentemente casuale, Sawyer racconta la storia di chi si mette continuamente in gioco, lasciando migrare lâanima oltre i condizionamenti e le regole prefissate. La povertĂ dei mezzi espressivi diventa dunque una metodica scelta, col fine di recuperare lâautenticitĂ .
In mostra, lo spettatore è sospinto in un mondo ridondante, popolato dalle trasfigurazioni oniriche e fantasiose dei gesti banali. Nella sala dâingresso è collocato un tappeto di fogli colorati e ricoperti di scritte; un video mostra lâartista nellâatto di esibirsi, con la sua tipica voce roca; un ciclo di immagini fotografiche è ispirato alla notte, interni di edifici immersi nellâoscuritĂ , ritmata dal battito cardiaco di Sawyer stesso; un collage è realizzato con i frammenti delle pagine di un catalogo di porcellane. Nel secondo spazio, in un caotico e multiforme insieme, sono disposti un collage digitale di fiori dai colori vivaci, una piccola scultura kitsch di porcellana â
Always, intorno alla quale è avvinghiata una figura dalla forma indefinibile-, unâinstallazione di fotografie, un bicchiere di carta che diviene parte dellâarredo urbano.
E un piccolo palco,
The singing box, a forma di parallelepipedo, basso, interamente ricoperto di disegni e scritte. Ă proprio questo, forse, il punto di riferimento ideale dellâintera mostra; esso è, infatti, il luogo privilegiato nel quale lâartista dialoga e si confronta con il pubblico, cantando le sue melodie un poâ malinconiche, intimiste, struggenti.