Sono molti i temi che confluiscono nella ricerca di
John Jurayj (Evanston, 1968; vive a New York). Primo fra tutti la guerra, a partire dalla concretezza della situazione libanese, ma, più in generale, la conflittualità permanente che incombe sul mondo e impedisce ai popoli di sviluppare relazioni fattive. Strettamente connessa è la tematica della memoria, individuale e storica, l’una che sviluppa la dimensione soggettiva, l’altra che rispecchia l’oggettività di un ordine ideale, volto a potenziare la coscienza, così da saper guardare dentro la storia.
Politica, storia e società s’intrecciano dunque nel lavoro dell’artista: città ed edifici che deflagrano sotto i colpi delle bombe si mescolano a ritratti di uomini politici ai quali sono stati bruciati e strappati via gli occhi. La cecità diventa, allora, metafora del cattivo governo, le cui scelte trovano nella violenza l’unico sbocco possibile.
Untitled (Not Here), titolo della prima mostra personale presso la Galleria Alberto Peola, allude al senso di straniamento del soggetto, che deriva dalla mancanza di un’appartenenza, dalla perdita dell’identità, dallo svuotamento del “ruolo”, tutti elementi caratterizzanti la società contemporanea. S
enza titolo equivale a “senza nome”, definisce l’individuo costretto a un nomadismo esistenziale, a un errare senza meta, alla ricerca del senso.
I lavori proposti sono dipinti a olio e su plexiglas, accomunati dalla stesso espediente tecnico: la conflittualità è rappresentata attraverso l’uso di colori molto forti, che paiono deflagrare in un turbinio cromatico, nel quale si avverte la lezione dell’Informale e dell’Action Painting, filtrata attraverso una lettura personale, alla luce di una rabbia sorda e inquieta. È come se il colore attraversasse gli abissi della coscienza per riemergere all’esterno, carico di nuovi impulsi vitali e, di conseguenza, d’intensi effetti percettivi. Nasce una sorta di specularità tra quel che lo spettatore vede e quel che viene suggerito dalle immagini mediatiche che ci assediano quotidianamente.
Alcuni esempi: sulla superficie di
Untitled (Large Orange Ruin, # 1) campeggia un edificio in rovina, nel quale si aprono, come ferite, buchi bruciati, colmi di plexiglas arancio a effetto specchiante;
Untitled (December 15, 1981# 2) è una tela di grande formato: sul fondo azzurro si “depositano” schegge impazzite; la campitura nera di
Untitled (Night Fire # 2) è solcata da guizzi cromatici improvvisi che la accendono di bagliori sinistri. L’insieme suggerisce l’idea di un universo deflagrato, che si parcellizza in una miriade di frammenti.