Quando si dice: fatti l’uno per l’altra. Perché nella Scuderia grande della Reggia di Venaria -un bell’esempio di “
industrializzazione del restauro”, secondo le parole del Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte, Francesco Pernice- trovano degna collocazione, per il volgere di una mostra, gli oltre 400 prodotti che hanno fatto la storia del design italiano. Confluiti, di edizione in edizione, a partire dal 1954 e su selezione di prestigiose giurie internazionali, nella collezione storica (oltre tremila pezzi) del
Premio Compasso d’Oro ADI.
Il legame tra contenitore e contenuto lo si evince dal fatto che il settecentesco spazio juvarriano, così come si presenta ora, è il frutto del ricorso a tecniche e metodologie sviluppate e sperimentate nel corso dei dieci anni di restauro al resto della Reggia, rese possibili proprio dalla lungimiranza di un architetto come
Filippo Juvarra. Che, attribuendo uguale importanza a tutti gli edifici dell’intero complesso, ha permesso di individuare una volta per tutte una sola maniera di intervento integrativo. Consentendone la riproduzione in serie e bassi costi di produzione, senza rinunciare alla qualità. Non si tratta forse della migliore mentalità progettuale industriale?
Con questo stesso spirito si è allestita la prima mostra, finora mai realizzata, sulla collezione storica del
Compasso d’Oro, da poco inserita nel patrimonio culturale nazionale con Decreto del Ministero dei Beni Culturali nel 2004.
La mostra
L’Oro del design italiano vuole celebrare non solo gli oltre cinquant’anni del Premio, massimo riconoscimento al progetto, al prodotto, alla ricerca e al merito, tutti italiani, assegnato dall’ADI (Associazione per il Disegno Industriale) per aiutarli ad avere anche un ruolo internazionale. Soprattutto intende sottolineare come “
molti prodotti, alcuni dei quali risalgono a selezioni del Compasso d’Oro di mezzo secolo fa, siano tutt’oggi in produzione”, ha spiegato Maurizio Morgantini, Presidente della Fondazione ADI per il Design Italiano). “
Ciò rappresenta un valore storico fondante per il design”.
Quanto alla mostra vera e propria, si struttura in sette stazioni, di cui cinque suddivise per decadi temporali, che scandiscono un percorso di oltre 140 metri di lunghezza, costellato di piccoli e grandi oggetti del quotidiano. A cui si aggiunge una sesta sezione dedicata alla grafica e alle riviste di settore, nonché a pezzi di arredamento, recenti come il divano
Victoria&Albert, disegnato da
Ron Arad e segnalato nell’edizione del 2001, e classici del passato come la libreria
Carlton (1981) firmata da
Ettore Sottsass jr. per Memphis.
Dalla versione storica della Fiat 500 all’ultima dell’Alfa Romeo, la
Brera di un rosso fiammante, progettata da
Giorgetto Giugiaro; dal telefono
Grillo antesignano del cordless, disegnato negli anni ’60 da
Marco Zanuso, allo spremiagrumi
LaTina, ideato da
Lorenzo Gecchelin per Guzzini e premiato nel 2004, è tutto un susseguirsi di cose già viste, da collocare però nel tempo.
Che si rinnoverà, a partire dal 26 giugno, con gli oggetti prodotti negli ultimi tre anni, segnalati o addirittura vincitori della XXI edizione del Premio, emigrato temporaneamente da Milano a Torino. Per quest’anno,
Capitale Mondiale del Design.