Nel 1998
Martin Creed (Wakefield, 1968) realizzò nello spazio torinese un’installazione che ostruiva letteralmente l’ingresso e il passaggio in galleria. Lo spettatore era costretto a farsi strada in mezzo a una nuvola-muro di palloncini che sbattevano ovunque, soffici ma resistenti al contempo, e che esplodevano a un contatto non troppo cauto. Abbiamo rammentato quell’installazione perché poneva in evidenza una caratteristica fondamentale del lavoro dell’artista: la provocazione, espressa in ogni mostra attraverso interventi minimali, fra il concettuale e il pragmatico. Il suo modo di comunicare coinvolge non solo la percezione visiva, ma tutti i sensi. Creed afferma che
“le opere sono come spartiti, istruzioni, e questo mi fa sentire meglio perché rende meno importante, meno prezioso l’oggetto fisico, e allora non me ne importa se viene danneggiato o buttato via”.
Anche in questa mostra la connotazione dell’oggetto viene lasciata allo spettatore. A parte tre disegni di piccolo formato, realizzati con la biro che segue manualmente l’estro mentale, Creed presenta altrettanti video.
Sick Film, work n. 837 suscita una gamma di sensazioni incontrollabili, dallo shock al fastidio, fino al disgusto.
Quattro persone sono riprese nell’atto di vomitare, con un sottofondo quasi ossessivo. Viene immediato il riferimento al cinema di
Cronenberg: la stessa provocazione, un’analoga aggressività visiva. Creed spiega in un’intervista di aver scelto quattro persone e di aver detto loro:
“Vomita, fa’ qualsiasi cosa hai bisogno di fare”. Il copione è stato predisposto nei minimi dettagli, compreso il consulto medico per conoscere gli eventuali rischi, appurando che ingerire liquidi avrebbe facilitato l’azione. Vomitare è per Creed la manifestazione di un “tirar fuori”, un’operazione del tutto simile a quella di realizzare un lavoro, è
“una forma di espressione che bypassa il processo del pensare”. Curiosità scaturisce dal video
Work n. 839, una riflessione sulla simultaneità temporale: due immagini, poste l’una sull’altra, propongono due navi che attraccano al porto e mostrano i movimenti di avvicinamento e sbarco, fatti di passaggi impercettibili, in una dimensione sincronica. Alla fine, le imbarcazioni spariscono dal video e si vede solo il mare, con un senso d’attesa. A Creed interessa particolarmente evidenziare il contatto fisico tra il ferro della passerella e il cemento del molo, che assume, a suo dire, una valenza erotica. Il terzo video,
Work n. 751 presenta infine un modello ripreso da dietro, con una postura statuaria, che si avvicina e si allontana continuamente dallo spettatore, provocando la percezione e innescando una reazione a catena di sensazioni contrastanti.
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francamente, chi se ne frega di martin creed
Se è arte il video di 4 persone che vomitano....a me francamente fa un po' schifo!!!!