Le opere di Julie Polidoro e di Cristina Mandelli aprono la rassegna
Coincidenze II, un’occasione di confronto fra diverse esperienze artistiche.
Julie Polidoro (Cannes, 1970; vive a Parigi) si esprime attraverso una pittura in grado di restituire all’osservatore frammenti di mondo. Vi è ritratta un’umanità in movimento, da cui traspare pura energia cinetica. I soggetti, seppur nei loro contorni stilizzati, emergono in tutta la loro vitalità. Esistono nelle linee e nei colori del quadro. Sono esseri umani di piccole dimensioni, che si esprimono con gesti quotidiani, in un mondo fatto di scenografie. Con il suo tratto sintetico ed esaustivo, Polidoro traccia i lineamenti di un singolo soggetto così come di un’intera umanità. Una narrazione che non ha bisogno di altri elementi per esplicitarsi.
In
Spaces in comunication, i particolari degli ambienti sono resi evidenti dalla stessa sintesi espressiva. In primo piano va segnalata l’incursione di una fitta scrittura, in cui si leggono gli ingredienti di un prodotto. Nelle opere della serie
Parking People, le figure si trovano in ambienti domestici o in stazioni della metropolitana. Ne emerge con forza il rapporto dell’uomo con il contesto sociale in cui vive. Gli spazi di un condominio diventano stanze trasparenti in cui l’osservatore può cogliere momenti intimi e quotidiani. Alcune figure si ripetono, come l’uomo straiato sul pavimento.
Emerge una sensazione di estraneità fra gli individui, impegnati ognuno a vivere isolatamente la propria esistenza. Il tempo appare rallentato e sospeso, quasi a sottendere un contrasto con la società frenetica, che non lascia tempo per consolidare i rapporti umani.
L’installazione di
Cristina Mandelli (Torino, 1976) carpisce lo spazio circostante. Gli alberi si dipanano dai quadri, creando un contrasto affascinante sulle pareti, diventando ombre che acquisiscono materia. Le creature che abitano il bosco rievocano i personaggi delle fiabe, ma al tempo stesso incarnano fantasie oniriche, talvolta inquietanti. Una figura a metà strada tra Dafne e Alice ha la testa recisa, e dal capo, come germogli, emergono degli alberi. Nelle raffigurazioni dell’artista, i rami nodosi e contorti divengono la scenografia di una fiaba contemporanea, dove i tronchi recisi richiamano la devastazione dell’habitat naturale.
Un disegno ritrae una figura femminile che dà l’idea di essere trafitta da un albero. Il corpo diviene inesistente, scomparendo tra le ramificazioni che lo imprigionano. Su un ramo, un gufo appollaiato dai grandi occhi sembra rischiarare l’ignoto. Come un guardiano del buio, che svela un arcano mistero.