Maurizio Vetrugno (Torino, 1957) afferma che “
ogni lavoro contiene in sé le informazioni per cento ipotetici lavori”. Dunque, ogni situazione può essere ribaltata in qualsiasi momento; le difformità e i paradossi sono l’elemento strutturante il reale.
Da sempre Vetrugno prova interesse per gli eccessi, trae spunto da dettagli, anche da quelli a prima vista meno evidenti. In principio era la pittura a muovere la sua ricerca, pittura alla quale, peraltro, non ha mai rinunciato. Il lavoro si è comunque dilatato negli anni ’90 verso immagini e oggetti reificati, verso la cultura del feticcio, componente che ha assunto una notevole rilevanza nella realtà contemporanea, perché caratterizza certi atteggiamenti sociali.
Un lavoro particolarmente interessante a questo riguardo è
Ethnological Forgery (1989), realizzato utilizzando il campionario dello stilista
Emilio Cavallini, mai entrato in produzione e, dunque, divenuto inattuale. Proprio questa inattualità induce l’artista a modificarne la connotazione, trasformandolo in un pezzo da collezione museale. L’interesse per la moda è una costante nel tempo, perché “
evidenzia paradossi del comportamento”. Nascono i velluti, sui quali sono ricamati nomi di personaggi che hanno segnato un’epoca; successivamente, i ricami, un procedimento che dall’industria viene riportato all’ambito domestico.
I temi sono molteplici: vi sono perfino ricami che si basano sulle immagini di tabulati tratti da programmi per computer. Anche in questo caso si tratta di far emergere il contrasto tra manufatto e tecnologia.
La mostra
Les Paramours continua questo filone di ricerca, presentando arazzi in seta ricamati a mano su tela che, tra infinite sfumature, pongono in primo piano l’ambiguità. Il comun denominatore dei lavori è la memoria, un filo conduttore che consente di decifrare figure ed eventi sotto punti di vista differenti. In questo caso si tratta di personaggi degli anni ’60, un decennio controverso sul piano storico-sociale, segnato prima dal miracolo economico, poi una crisi profonda, e da trasformazioni aggressive e irriverenti.
Davanti agli occhi dello spettatore sfilano Barbara Steele, Jean Schrimpton, Diana Ross, Twiggy, Jane Birkin e altri personaggi femminili che seppero anticipare il loro tempo, sfidando le regole e le consuetudini, e imponendo un’idea di femminilità trasgressiva e controcorrente.
Per elaborare un arazzo bisogna utilizzare una tecnica che non dà risultati immediati ma richiede tempo, pazienza e minuziosa applicazione. Le opere in mostra pongono a confronto la velocità della trasformazione epocale e la lentezza della tecnica di esecuzione, così da enfatizzare il paradosso e da trasformarlo in una chiave interpretativa del reale.